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Sirte quasi libera, Isis perde radio e tv: ed è festa

Ammainate le ultime bandiere nere dell'Isis nei palazzi di Sirte conquistati dalle milizie.

ROMA. È alle battute finali la battaglia per la riconquista definitiva della roccaforte dell'Isis in Libia. Le milizie filo-governative hanno annunciato che i jihadisti hanno perso il controllo di una tv e di una radio. E in una città ormai fantasma, si procede a disinnescare gli ordigni piazzati in strada.

Le milizie Al-Binyan Al-Marsous, che conducono l'offensiva di terra per conto del governo di unità nazionale guidato dal premier Fayez al Sarraj, sostenute dai raid americani, oggi hanno reso noto di aver strappato all'Isis l'edificio che ospita la televisione e la radio locale Libya Mcmds, nel centro della città. Combattimenti sono in corso intorno al perimetro di Radio Sirte, uno dei maggiori centri di propaganda dello Stato
islamico, da cui vengono diffusi i messaggi del 'Califfò Abu Bakr al Baghdadi e del suo portavoce Abu Muhammad al Adnani.

L'edificio si trova poco distante dal complesso Ouagadougou, il quartier generale dell'Isis che proprio nei giorni scorsi è stato riconquistato dalle milizie. Anche la sede dell'Ente di controllo amministrativo della città, hanno assicurato i combattenti filo-Sarraj, è tornato sotto il loro controllo.

Le rovine ormai costituiscono il paesaggio principale di Sirte, e sono lo specchio di una battaglia che si avvia alla conclusione. Foto di soldati di Tripoli e Misurata immortalano palazzi distrutti, mentre soldati sui pick-up festeggiano, avanzando tra le macerie ed eliminando dalle strade le bombe trappola piazzate dai jihadisti in fuga. Anche la gran parte dei civili ha già lasciato la città e le infrastrutture sono in stato di totale abbandono. Da Tripoli, il premier Sarraj assiste fiducioso agli sviluppi del conflitto.

La presa di Sirte e la sconfitta dell'Isis costituirebbero uno straordinario successo a suo favore, sulla strada - ancora molto accidentata - per il controllo di tutto il Paese. Alla guida del governo di unità nazionale da marzo, Sarraj deve ancora fare i conti con l'ostracismo del Parlamento di Tobruk. La seconda principale istituzione del Paese è praticamente 'ostaggio" del generale Haftar, che conduce la sua guerra personale nell'est del Paese con il sostegno di Egitto, e sotto traccia, anche della Francia.

Un altro fronte aperto è quello delle milizie islamiste legate ad al Qaida, che operano soprattutto a Derna, contro cui l'esercito libico si scontra quasi quotidianamente. In questo scenario, l'inviato Onu Martin Kobler ha rilevato che il governo di Tripoli perde consensi anche per la difficile situazione economica, tra blackout continui e la svalutazione della moneta locale che penalizza le importazioni delle materie prime.

Uomini che si tagliano la barba in strada, donne che danno alle fiamme le lunghe vesti nere con cui erano obbligate a coprirsi il corpo e il viso, una che si accende una sigaretta in pubblico in segno di disprezzo per i ferrei divieti che erano imposti dallo Stato islamico. È festa oggi a Manbij, l'ex roccaforte dell'Isis nel nord della Siria abbandonata dai jihadisti dopo un'occupazione di oltre due anni e mezzo di quella che è una vera e propria rotta strategica.

Nel resto della Siria c'è poco da festeggiare. Fonti dell'opposizione citate dalla televisione panaraba al Jazira affermano che nelle ultime 24 ore sono 97 i civili uccisi dai raid aerei governativi siriani e russi. Di questi, 27 hanno perso la vita nella regione ad Aleppo. Nella coalizione che combatte i governativi nella maggiore città del nord della Siria c'è il Fronte Fatah al Sham, l'ex Fronte al Nusra che nelle scorse settimane ha cambiato nome annunciando la sua separazione da al Qaida. Il ministero della Difesa russo ha affermato oggi che gli ex qaedisti hanno catturato e ucciso i miliziani che volevano consegnare le armi e lasciare Aleppo, nonchè i loro familiari, giustiziando «in totale 40 persone».

A Manbij le cosiddette Forze democratiche siriane (Sdf), una coalizione di miliziani a predominanza curdi sostenuti dagli Usa, hanno confermato oggi di avere preso il pieno controllo della città, sulla principale via per i rifornimenti dalla frontiera turca per Raqqa, la 'capitalè dello Stato islamico in Siria.

Così come hanno confermato la liberazione da parte dei jihadisti degli oltre 2.000 civili che avevano portato con sè per usarli come scudi umani al fine di proteggersi dai bombardamenti durante il ripiegamento verso Jarablus, a nord, sul confine turco. Secondo fonti locali citate dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), le forze del 'Califfatò si sono ritirate senza combattere dagli ultimi quartieri che controllavano nel nord della città, con una popolazione mista di curdi e arabi, grazie ad una mediazione condotta da notabili del posto per evitare ulteriore spargimento di sangue.

Un bilancio stilato dallo stesso Ondus parla di 438 civili morti nei combattimenti degli ultimi due mesi e mezzo, 205 dei quali uccisi dai bombardamenti aerei della Coalizione internazionale a guida americana. Per lo Stato islamico si tratta del peggiore rovescio subito in Siria dopo la riconquista della città di Palmira da parte dell'esercito siriano, nel marzo scorso, e dalla perdita nel 2015 del valico di confine con la Turchia di Tal Abyad, a nord di Raqqa.

Ora quello che tutti si chiedono è quando e con quali forze verrà lanciata l'offensiva sulla stessa 'capitale" dell'Isis, indebolita dall'interruzione delle vie attraverso le quali riceveva le armi. Mentre bisognerà vedere come reagirà la Turchia, preoccupata per l'avanzata verso i suoi confini delle Sdf, in cui hanno un ruolo predominante i curdi dell'Ypg alleati dei separatisti turchi del Pkk.

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