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Isis, Neri: «La minaccia di attacchi è sempre più crescente»

PALERMO. «Nessun allarme immediato di attentati o attacchi terroristici in Italia ma una minaccia sempre più crescente: l’Isis oggi si è espanso, è in Libia. E in questo senso i rischi sono più alti. Ma da qui a gridare all’attentato prossimo non c’è al momento traccia nella relazione dei servizi segreti». Lo afferma Claudio Neri, direttore del dipartimento di ricerca dell’Istituto italiano di studi strategici «Nicolò Machiavelli», commentando il documento illustrato ieri in parlamento.

Una relazione che in qualche modo mette in guardia la politica dai pericoli che il Paese corre in questo momento. Da una parte tensioni belliche nell’area del Mediterraneo, dall’altra una crisi economica sempre presente. «Sicuramente in questo documento ci sono novità rispetto alle precedenti analisi, come ad esempio la costante crescita di gruppi terroristici o fenomeni come la ripresa dell’attivismo antimilitarista. Di certo l’Italia sul fronte dell’intelligence è molto avanti rispetto ad altri Paesi europei».

Quali rischi, in concreto, corriamo?
«È bene premettere che nella relazione i servizi segreti non entrano mai nello specifico. In questo documento, in modo diplomatico, vengono spiegate quelle che sono potenziali linee di tendenza. Non si troveranno quindi mai delle notizie particolarmente pregnanti. Anche perché gli stessi servizi tutelano le proprie fonti. Se hanno delle informazioni eclatanti non le inseriranno nella relazione. Loro descrivono un quadro strategico: l’Italia sembra non essere sotto specifica minaccia, sicuramente il terrorismo complessivamente inteso, a partire da quello di matrice islamica, è crescente per tutto il nostro continente. E quindi, anche nel nostro Paese questa minaccia non va sottovalutata. Il rischio è comunque elevato. La minaccia è crescente perché le formazioni terroristiche si sono rafforzate».

Viene evidenziata nella relazione l’azione condotta contro la Francia lo scorso 13 novembre che in qualche modo potrebbe avere inaugurato una strategia di attacco all’Occidente destinata a consolidarsi…
«Come già detto, c’è una minaccia crescente. E lo hanno dimostrato con Parigi. Su questo punto c’è comunque da dire che il contrasto da parte francese e belga è limitato rispetto a quanto avviene nel nostro Paese. La loro intelligence e forze di polizia non sono di livello elevato come le nostre forze di polizia e la nostra intelligence. È opportuno comunque chiarire un aspetto legato alla prevenzione e alla lotta dei fenomeni terroristici. Quando si parla di antiterrorismo è compentenza delle forze di polizia. I servizi segreti analizzano e raccolgono fatti e informazioni ma passano il tutto al giudice. Le forze francesi si sono ammorbidite per via di alcune riforme. La gestione dell’antiterrorismo è molto frammentata, e sono andate perdute negli anni anche molte competenze. La cosa un po’ grave per la Francia è che non impara dai propri errori. A partire dal fatto che nessuno, dopo i fatti di Parigi, ha ammesso le responsabilità».

Altro fenomeno in crescita, anche in Italia sembra essere quello dei foreign fighters…
«Sicuramente parliamo di numeri assolutamente molto più bassi rispetto a quanto avviene in altri Paesi come la Francia o il Belgio. Ma c’è un elemento di novità che viene evidenziato. I nostri servizi stanno monitorando con particolare attenzione i soggetti che sono a rischio di autoindottrinamento. I foreign fighters sono quelli che partono, combattono ed eventualmente cercano poi di rientrare. Sono potenzialmente pericolosi, un rischio. Ma accanto a questi ci sono anche dei soggetti molto giovani che possono indottrinarsi in Italia soprattutto attraverso Internet. Si tratta di persone facilmente influenzabili e potenzialmente pericolose».

Attenzione viene posta anche al flusso dei migranti. Un flusso che cambia rotta. Questo cosa significa?
«Nella relazione si traccia un quadro di questi flussi in entrata e della loro composizione. Negli ultimi sei mesi del 2015 la rotta principale, quella libica, si è ridotta a favore di quella balcanica tramite la Grecia via mare, o tramite terra attraverso la Turchia. Il rischio è che questo flusso passi per aree geografiche dove sono presenti estremisti della jihad. Si potrebbero verificare degli sbarchi in Italia con il possibile ingresso anche di terroristi. Ma i servizi evidenziano che si tratta di una minaccia potenziale. Nei Balcani ci sono già delle formazioni jihadiste e foreign fighters. Parliamo quindi di un terreno fertile. Il flusso in transito potrebbe spostarsi verso la Puglia e quindi agevolare l’infiltrarsi di soggetti pericolosi. Ma è bene ripetere che parliamo di pericoli potenziali».

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