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Orrore Isis, raso al suolo il più antico monastero cristiano in Iraq

Intanto nelle scorse ore l'Isis ha confermato che 'Jihadi John' è stato ucciso in un raid aereo

MOSUL. L'Isis ha raso al suolo il più antico monastero cristiano in Iraq. Si tratta del monastero di St. Elijah, a Mosul, costruito 1.400 anni fa.

L'agenzia Associated Press, che ha dato in esclusiva la notizia, riferisce di avere potuto accertare la distruzione del monastero attraverso fotografie satellitari commissionate alla società DigitalGlobe.

Il monastero di Sant'Elijah, fondato nel 590 dopo Cristo, era situato su una collina che sovrasta Mosul. L'edificio era già in gran parte senza tetto, ma erano ancora visibili 25 stanze e una cappella. Secondo esperti che hanno visionato le immagini, le antiche mura di pietra «sono state letteralmente polverizzate», con l'uso di bulldozer e forse di esplosivi, probabilmente tra l'agosto e il settembre 2014.

Sant'Elijah era già stato teatro di tragedie e atti di vandalismo, anche ad opera di militari americani durante l'occupazione dell'Iraq. Nel 1743, 150 monaci erano stati massacrati da un generale persiano perchè avevano rifiutato di convertirsi all'Islam.

I soldati della 101ma Divisione aviotrasportata Usa, invece, avevano ricoperto le pareti di disegni e vi avevano inciso l'aquila che è il loro simbolo.

L'Isis ha già compiuto distruzioni di chiese, moschee e mausolei in Iraq, oltre che di reperti nelle antiche città di Ninive, Hatra e Nimrud e in quella di Palmira in Siria.

Intanto nelle scorse ore l'Isis ha confermato che 'Jihadi John' è stato ucciso in un raid aereo. Lo riportano i media britannici.

Il boia dello Stato islamico era stato dato per ucciso in un attacco americano contro i jihadisti a Raqqa, in Siria, lo scorso 13 novembre da fonti britanniche e del Pentagono.

Nell'ultimo numero di Dabiq, la pubblicazione in inglese dell'Isis, 'Jihadi John' è ricordato con un vero e proprio necrologio, accompagnato da una foto, nel quale viene chiamato Abu Muharib al-Muhajir.

Nell'articolo si racconta che la madre del boia era yemenita e che lui era cresciuto a Londra, «un luogo che odiava come odiava i suoi infedeli abitanti». Mohammed Emwazi era uno degli uomini più ricercati al mondo, da quando comparve la prima volta in video nell'agosto del 2014 per annunciare la decapitazione del giornalista americano James Foley.

Seguirono i filmati delle macabre uccisioni di un altro giornalista Usa, Steven Sotloff, del cooperante americano Abdul-Rahman Kassig, dei britannici David Haines e Alan Henning e del giornalista giapponese Kenji Goto. Da allora, Emwazi è diventato l'obiettivo dei servizi
segreti e degli attacchi delle forze americane in Siria.

Lo scorso novembre la notizia che un drone americano lo aveva colpito a morte a Raqqa, in Siria. Nessuna conferma ufficiale è mai arrivata nè da Washington nè da Londra anche se il Pentagono dichiarò che c'era la «ragionevole certezza che Jihadi John è morto» e il premier britannico David Cameron si affrettò a dire che l'attacco vicino alla roccaforte di Raqqa è stato uno sforzo congiunto di Gran Bretagna e Stati Uniti.

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