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Azzolina: «Isis è presente in Europa, nessuno è a rischio zero»

ROMA. «L’Isis ha dimostrato di poter portare il campo di battaglia dalla Siria e l'Iraq all'Europa. Nessun Paese può esser considerato a rischio zero». Tremendamente concrete le minacce all'Inghilterra e agli altri Paesi nel mirino del Califfato: «Questo — sottolinea Stefania Azzolina, responsabile della sezione Medio Oriente e Nord Africa del Centro Studi Internazionali diretto da Andrea Margelletti — è ancora più vero dopo la strage del 13 novembre a Parigi, dov'è stata posta in essere una vera e propria operazione militare nelle strade della capitale».

Il Parlamento britannico ha deciso di schierare l'aviazione militare nei raid anti-Daesh. Londra sfida i «tagliagole»?
«Gli attentati di Parigi hanno rappresentato un chiaro esempio riguardo la natura della sfida dello Stato Islamico, l’Is, contro l'Occidente. Non si tratta, a ben vedere, di una minaccia rivolta nei confronti del singolo Paese ma di un attacco più ampio contro la nostra quotidianità e il nostro stile di vita, con l'obbiettivo di creare un clima diffuso di paura e terrore in cui la popolazione si senta costantemente insicura».

Adesso che la «Coalizione dei Volenterosi» sembra fare sul serio, il Califfo risponde con gli attentati. Un segnale di debolezza?
«Sin dall'inizio della sua affermazione, l'Isis ha fatto della propaganda del terrore uno degli strumenti fondamentali per veicolare un'immagine vincente a livello globale. Indubbiamente in questo momento, l'accrescimento delle sue capacità di proiezione al di fuori dei "confini nazionali" ha coinciso con una fase di intensificazione della lotta al Califfato di al-Baghdadi nei territori siriani e iracheni, che ha determinato un ripiego delle milizie dell'Is su alcuni fronti».
Guerra Fredda tra Turchia e Russia. L’Isis ringrazia?
«Lo scontro che al momento coinvolge Ankara e Mosca pone un ugual numero di rischi e opportunità per lo Stato Islamico. Da un lato infatti, la necessità da parte Erdogan di respingere le accuse relative alla sua "ambiguità" in politica estera nei confronti dello Stato Islamico potrebbe comportare l'adozione di misure maggiormente incisive nella lotta ad Is. Allo stesso tempo, uno scenario che vede profonde divisioni sulle modalità di intervento sul piano sia politico sia militare all'interno del fronte internazionale nella lotta al terrorismo potrebbe avvantaggiare lo Stato Islamico».

Cresce la paura. Venerdì è stato subito panico-terrorismo al Cairo, dopo la strage in un night club provocata per vendetta da alcuni dipendenti licenziati. Quanto a lungo il presidente al-Sisi potrà resistere su posizioni anti-jihadiste ?
«Il presidente egiziano ha fatto della questione della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo di matrice jihadista i due pilastri maggiori del suo consenso non solo sul piano interno ma anche a livello internazionale. Riguardo gli ultimi eventi al Cairo, le modalità dell'attacco, tra cui l'utilizzo di bombe Molotov, hanno sollevato dal principio alcuni dubbi sulla possibile matrice jihadista. Allo stesso tempo, le condizioni di criticità sul piano della sicurezza che l'Egitto continua a vivere, soprattutto con l'intensificarsi degli attacchi terroristici da parte di Ansar Bait al-Maqdis, gruppo affiliato ad Is dalla fine del 2014, hanno contribuito a determinare sentimenti di paura diffusi in tutto il Paese».

Anche la Germania ha deciso di intervenire. Servirà in questo strano conflitto?
«A ben vedere, la decisione presa dal Governo tedesco non è da valutare esclusivamente da un punto di vista qualitativo sul piano militare, quanto più sul piano politico. Da quest'ultimo punto di vista, infatti, la Germania ha lanciato un messaggio forte, dichiarandosi pronta a prendere tutte le misure necessarie per combattere lo Stato Islamico. Resta inoltre da valutare, nel breve periodo, se l'intervento della Germania potrà avere degli effetti positivi nell'individuazione, soprattutto in ambito europeo, di un accordo maggiore sugli obbiettivi politici per risolvere la crisi siriana e, più in generale, nella lotta al Califfato».

L'Italia seguirà l'esempio tedesco?
«Al momento il nostro Paese offre già un importante contributo nel contrasto allo Stato Islamico attraverso un'attività di training in Iraq, nella regione curda e nei pressi di Baghdad, e tramite missioni di ricognizione aerea. Bisogna, inoltre, tener presente che in questo momento il dossier libico rappresenta l'assoluta priorità per gli interessi strategici italiani».

Davvero, l'ex regno di Gheddafi può diventare un possedimento del califfo?
«Attualmente lo Stato Islamico sta emergendo come protagonista all'interno della guerra di potere in corso tra i numerosi gruppi di ispirazione jihadista presenti in territorio libico. Sebbene al momento l’Is non disponga in Libia di risorse, capacità militari — si stimano dalle duemila alle tremila unità — e consenso paragonabili alla situazione in Iraq e Siria, nel corso degli ultimi mesi è divenuta sempre più evidente la volontà di espandersi progressivamente a est e a sud di Sirte, attuale capitale de facto di Is in Libia, per prendere il controllo delle risorse petrolifere presenti. Sebbene al momento tale obiettivo sia tutt'altro che raggiunto, la minaccia dell'espansione di IS in Libia rischia di generare una seria minaccia per la sicurezza internazionale».

«Consolidarsi ed espandersi». Malgrado tutto l’Is sta riuscendo ancora a tener fede al proprio disegno strategico?
«Dal punto di vista del consolidamento, lo Stato Islamico continua sempre più a differenziarsi rispetto a gli altri gruppi di ispirazione jihadista per la sua vocazione alla statalizzazione e alla gestione diretta i territori occupati, attraverso la costituzione di una rete sia amministrativa sia di welfare che permetta di consolidare il suo controllo in modo omogeneo su tutto il Califfato. Tuttavia, come già accennato, negli ultimi mesi lo Stato Islamico non ha visto un'espansione bensì una contrazione dei territori controllati sia in Siria che in Iraq».

al-Baghdadi, intanto, riceve «bayat» — dichiarazioni di fedeltà — da decine di gruppi fondamentalisti in Nord Africa e in Medioriente. Il Califfato già oggi si estende ben oltre i confini del territorio conquistato tra Mosul e Raqqa?
«Grazie a un sapiente utilizzo dello strumento propagandistico, è riuscito a imporsi come brand vincente all'interno della galassia jihadista. Questo ha aumentato l'interesse da parte di tutti i gruppi terroristi di ispirazione salafita nel vantare un legame con le milizie di al-Baghdadi cercando di sfruttare la capacità attrattiva di Is per la realizzazione delle proprie agende locali».

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