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Siria, tensioni Usa e Russia: "Missili finiti in Iran". Mosca: "Tutto falso"

Fonti del Pentagono parlano di missili russi che sarebbero finiti in Iran, ma la Russia smentisce tutto

 NEW YORK.  Braccio di ferro fra Stati Uniti e Russia sul bombardamento in Sirira. Secondo fonti del Pentagono, alcuni missili a lungo raggio lanciati dalla Russia sulla Siria sarebbero  finiti sul territorio dell'Iran. Le stesse fonti non spiegano se tali missili abbiano causato danni o vittime. I missili russi finiti fuori rotta e caduti in Iran sarebbero almeno quattro e sarebbero stati lanciati dalle navi russe nel Mar Caspio, spiegano le stesse fonti del Dipartimento delle Difesa americano.

Alle accuse la Russia risponde con una  smentita: «Tutti i missili lanciati dalle navi - ha assicurato il portavoce del ministero della Difesa, generale Igor Konashenkov - hanno trovato i loro bersagli. È un dato di fatto».

«A differenza della Cnn - ha proseguito Konashenkov - non raccontiamo riferendoci a fonti anonime, bensì mostriamo il lancio dei nostri missili e i bersagli da essi colpiti praticamente in regime online».

Il portavoce del ministero della Difesa russo ha quindi aggiunto di non poter «dire tutto» ma ha dichiarato che «qualsiasi professionista in questo campo sa che nello svolgimento di simili operazioni viene sempre fissata l'immagine del bersaglio prima e dopo il colpo. Inoltre - ha precisato - sopra la Siria 24 ore su 24 è operativo il nostro gruppo di droni».

Intanto, anche la Nato alza la voce contro la Russia. «È pronta dispiegare le forze in Turchia, se necessario», avverte il segretario generale Jens Stoltenberg. E l'Alleanza mostra anche i muscoli, dando il via finale al «raddoppio» della sua Forza di reazione, aggiungendo altre due basi (in Ungheria e Slovacchia) alle sei già aperte nell'est europeo per la brigata di pronto intervento dispiegabile in 48 ore, mentre Londra annuncia che manderà un centinaio di soldati nei paesi baltici ed in Polonia. Un modo, scandisce il norvegese, per mandare «un chiaro messaggio ai cittadini della Nato: la Nato vi difenderà, la Nato è sul terreno e la Nato è pronta».

Mosca si sente accerchiata e minaccia di rispondere specularmente. Intanto prosegue senza sosta la campagna di raid in Siria. Compie decine di bombardamenti usando anche i missili da crociera lanciati dalle navi nel Mar Caspio. Gesto, questo, che fonti militari giudicano «uno show di potenza», con enormi rischi geopolitici. I missili infatti devono sorvolare l'Iran ed alcuni (almeno quattro) vi sarebbero caduti, secondo fonti Usa. Da Mosca e Teheran nessun commento.  Intanto però Damasco lancia l'offensiva contro «i terroristi», termine che per il regime di Assad indica i ribelli, prima dell'Isis. La Russia continua a sostenere che i suoi raid (22 contro 27 obiettivi nell'ultima notte, secondo il Cremlino) puntano all'Isis. Ma l'Occidente non crede a Putin. Dopo la crisi ucraina «tutto è cambiato», osserva uno dei ministri della difesa riuniti oggi nel quartier generale dell'Alleanza Atlantica a Bruxelles. Da dove il segretario generale Jens Stoltenberg avverte: la Nato «ha visto una problematica escalation di azioni militari russe», è «pronta a difendere tutti gli alleati, compresa la Turchia» ed è «pronta a dispiegare le forze in Turchia se necessario». E sottolinea che per i 28, con i suoi caccia ed i suoi missili «la Russia non mira all'Isis ma agli altri gruppi e sostiene il regime di Assad». Scelta che il capo del Pentagono, Ashton Carter, inchioda: Mosca compie un «fondamentale errore strategico» che  «infiammerà e prolungherà la guerra civile siriana» e di cui la Russia «pagherà le conseguenze», prevedendo che «comincerà ad avere perdite in Siria». Il problema di fondo lo inquadra Roberta Pinotti. «È la mancanza di dialogo strategico» sintetizza il ministro della Difesa. In sostanza, come sottolineano tanto Stoltenberg quanto Carter, la questione è nel futuro di Assad. Stati Uniti e Nato vogliono che in fondo al percorso ci sia la «transizione», ovvero la caduta del presidente siriano. Mosca lo vuole sostenere ed afferma che anche l'Esl è pronto al dialogo. Gli Usa invece si mostrano inflessibili. «Non cooperiamo e non coopereremo con la Russia», scandisce Carter, finchè il Cremlino «continuerà con la sua strategia fuorviante». Se cambiasse idea, aggiunge, «porte aperte». Che suona quasi come un invito a continuare sulla strada «dell'avvolgente auto-isolamento» intrapresa con le operazioni in Ucraina. Infatti da Mosca arriva una nuova sfida mediatica. Il portavoce di Putin afferma che «in un anno di azioni» della coalizione guidata dagli Usa «l'Isis ha guadagnato terreno». E non viene dato alcun peso al presidente turco, Recep Tayyep Erdogan, che minaccia sanzioni unilaterali: la sospensione degli acquisti di gas dalla Russia nonchè la fine della cooperazione per la costruzione di una centrale nucleare.

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