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Volkswagen, violate norme antismog e la Francia chiede un'inchiesta europea

L'amministratore delegato ammette e si scusa. Il titolo a -17% e in Usa avviano un'azione penale

BERLINO. Fino a 11 milioni di auto  truccate. I timori per una multa da 18 miliardi di dollari, il  titolo in borsa in picchiata e 24 miliardi di euro bruciati in  due giorni. Ma aldilà dei numeri, che tentano di dare la portata  dello scandalo Volkswagen, il danno effettivo è per ora  semplicemente incalcolabile. Il gruppo è il marchio simbolo  dell'affidabilità tedesca: in gioco c'è il buon nome del made in  Germany, e quindi le prestazioni dell'export della locomotiva  d'Europa in tutto il mondo. Anche la cancelliera  Angela Merkel  è intervenuta, chiedendo che sia chiarito tutto nella «massima  trasparenza».

 Berlino si muove: il ministero dei Trasporti ha istituito una  commissione di inchiesta che sarà nella sede legale di Vw già in  settimana, e giovedì il caso approderà nel Bundestag. Ma  potrebbero esserci risvolti anche politici, dal momento che  secondo die Welt on line una risposta parlamentare del dicastero  di Alexander Dobrindt ai Verdi del 28 luglio scorso dimostra che  l'esecutivo tedesco fosse al corrente delle tecniche per  truccare i dati sull'antismog. E anche Bruxelles, stando alla  stessa fonte, ne era a conoscenza.   Gli interventi sull'operato di Volkswagen  si moltiplicano: la  Ue ha affermato di star seguendo la questione in modo serio; nei  singoli paesi si avviano inchieste  - anche in Italia il  ministero dei Trasporti ne ha avviata una, e ha chiesto  spiegazioni - i consumatori sono ovunque sul piede di guerra e  perfino l'Onu si è detto preoccupato.

  «I nuovi veicoli Euro6 diesel attualmente distribuiti in Europa sono conformi alle leggi e agli standard di  inquinamento, ha intanto assicurato Volkswagen spiegando che il  gruppo» sta lavorando il più velocemente possibile  per chiarire  quanto accaduto.    Gli occhi di tutti sono puntati sulla seduta del consiglio  di sorveglianza di domani. E sul ceo, Martin Winterkorn, che ha  chiesto ancora una volta oggi scusa. Facendo capire che - desolazione a parte - non intende rinunciare al suo posto.      Lo scenario è disastroso: le azioni ordinarie della  Volkswagen hanno perso il 16,8% nel listino di Francoforte.  L'azienda ha annunciato un maxi accantonamento da 6,5 miliardi  per fronteggiare l'inchiesta negli Usa, annunciando un allarme  sugli utili 2015. Angela Merkel ha sollecitato che i fatti  vengano messi sul tavolo in piena trasparenza mentre un  giornale ha annunciato che il numero uno del gruppo si dimetterà  domani.

"Non ho ancora tutte le risposte alle domande, ma stiamo  mettendo tutti i fatti sul tavolo e si lavora intensamente  per  fare chiarezza ha replicato Winterkorn apparso nuovamente oggi,  visibilmente contrito, in un videomessaggio sul sito della  Volkswagen, dove ha ribadito: Mi dispiace infinitamente per  questa rottura della fiducia. Le irregolarità sui motori diesel  sono il contrario di tutto ciò per cui sta Volkswagen». E ancora  «mai più manipolazioni del genere», ha detto, chiamando per nome  il reato di cui si è macchiata l'azienda che ha aggirato le  norme antismog facendo ricorso ad un sofisticato software in  grado di alterare i risultati dei test sulle auto. L'accusa per  la quale negli Usa si è aperta una inchiesta penale ed è stato  chiesto di ritirare 500 mila veicoli dal mercato.  Ma Winterkorn  ha anche tentato di difendere l'azienda sana: «Molto viene messo  in dubbio in questo momento, lo capisco. Ma sarebbe sbagliato  che per i brutti errori di pochi finisse nel sospetto generale  il lavoro duro e onesto di 600 mila persone. Questo la nostra  squadra non lo ha meritato. Perciò vi chiedo e vi chiediamo di  continuare a riporre fiducia nel nostro percorso».  È chiaro il tentativo di non mollare in un momento in cui  diverse persone hanno fatto capire che dovrebbe, invece,  dimettersi. Secondo il Tagesspiegel, l'ad non avrebbe più  sostegno da parte del consiglio di sorveglianza, e questo  sarebbe pronto a metterlo alla porta - dopo averlo difeso appena  qualche mese fa nella guerra con Ferdinand Piech - sostituendolo  col capo di Porsche Matthias Mueller. L'azienda ha subito  smentito: «sciocchezze». Ma intanto sono diversi gli analisti  che in giornata hanno fatto notare che la fiducia non può essere  ripristinata se nessuno pagherà ai vertici.

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