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Iran, raggiunto l'accordo sul nucleare: compromesso Washington-Teheran

VIENNA. Un alto diplomatico occidentale citato dalla Ap ha detto che è stato raggiunto un accordo formale sul nucleare iraniano dopo aver superato gli ostacoli finali: l'accordo include un compromesso tra Washington e
Teheran che permetterà agli ispettori Onu di chiedere di visitare anche i siti militari iraniani.

L'intesa raggiunta a Vienna permetterebbe agli ispettori Aiea di insistere per visitare i siti militari iraniani. Lo ha detto un diplomatico all'Ap. L'accesso tuttavia non verrebbe però necessariamente garantito, e Teheran avrebbe il diritto di appellarsi ad un tavolo arbitrale composto dall'Iran e dalle potenze del '5+1'.

Alle 10:30 ora di Vienna ci sarà «la riunione plenaria finale» dei ministri degli Esteri impegnati nei negoziati sull'Iran. Lo conferma su Twitter la portavoce del Dipartimento di stato americano Marie Harf. Nel corso della riunione è attesa la firma dello storico accordo tra le principali potenze mondiali e Teheran. Il portavoce aggiunge che l'ultima riunione plenaria sarà seguita da una conferenza stampa del Segretario di Stato americano, John Kerry.

Una volta firmato l'accordo il Congresso americano avrà 60 giorni di tempo per approvarlo o respingerlo. Dopo il disgelo con la ex Birmania e con Cuba, per Obama - sottolineano i media Usa - l'accordo con l'Iran è il terzo che cambia profondamente le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti con Paesi con cui il dialogo era sospeso da decenni. L'Iran - evidenzia il Nyt - di questi tre Paesi è il più importante dal punto di vista strategico, il solo con un programma nucleare e ancora nella 'lista nerà degli stati ritenuti sponsor del terrorismo. «Questo accordo è un accordo di resa storica da parte dell'Occidente verso l'Asse del Male con l'Iran in testa». Lo afferma la viceministra degli Esteri di Israele, Tzipi Hotovely. «Lo Stato di Israele agirà con tutti i mezzi per tentare di impedire la ratifica di quell'accordo» fra l'Iran e i paesi del 5+1.

Pur con un compromesso, Teheran sembra averla spuntata nel chiedere un tavolo arbitrale per le visite ai siti militari eventualmente richieste dall' Aiea.
Il tavolo - che naturalmente comporterebbe un prolungamento dei tempi - sarebbe composto dallo stesso Iran con i '5+1'. Quella dei siti militari è una 'linea rossà più volte affermata dalla Guida Ali Khamenei, e da parte iraniana si
ritiene che le visite - già concesse due volte per Parchin in passato - debbano essere giustificata da adeguati elementi di prova.

Già ieri pomeriggio, il presidente iraniano Hassan Rohani ha dato l'impressione che ormai fosse fatta, ma poi ha fatto marcia indietro: su Twitter ha scritto che «l'accordo sull'Iran è la vittoria della diplomazia e del rispetto reciproco sull' antiquato modello dell'esclusione e coercizione». Nel giro di pochi minuti il suo tweet è stato però cancellato, salvo poi essere rilanciato, però con un grande «se» all'inizio. Secondo le indiscrezioni, l'ostacolo principale è ancora l'embargo sulle armi convenzionali e missili balistici, che Teheran vuole revocato immediatamente. Su questa linea ci sono anche la Russia e la Cina, tradizionali fornitori di armi all' Iran, mentre sono contrari gli Usa, che tengono conto anche delle preoccupazioni dei loro alleati nella regione mediorientale, con Israele in prima fila. Anche oggi il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ribadito tutta la sua contrarietà all'intesa, affermando che «ci siamo impegnati ad impedire all'Iran di dotarsi di armi atomiche e questo impegno è ora valido più che mai»; mentre il suo ministro dell'energia Yuval Steinitz ha affermato che quello che si profila «è un cattivo accordo, pieno di scappatoie».

Con il passare delle ore la Casa Bianca ha poi fatto sapere che «i negoziati di Vienna continuano» ma, ha detto il portavoce Josh Earnest, «ci sono ancora ostacoli all'accordo». Il via libera sembrava essere arrivato quando in mattinata alcune fonti hanno affermato che sulla questione dell'embargo sulle armi era stato raggiunto un compromesso, ovvero una revoca progressiva. In particolare, citando quanto detto da una fonte iraniana all'agenzia russa Ria Novosti, l'agenzia iraniana Fars aveva scritto che «l'Iran e le sei potenze mondiali concordano di revocare parzialmente l'embargo sulle armi», mentre «l'accordo stabilisce che gli iraniani potranno continuare a fornire armi di difesa ai loro alleati nella regione, per combattere il terrorismo e l'estremismo».

Evidentemente si tratta di un compromesso che è ancora quantomeno in via di elaborazione. Ma di certo le delegazioni iraniana e dei Paesi del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Franca e Germania) stanno facendo di tutto per concludere positivamente il negoziato, avviato quasi due anni fa. Avrebbero
dovuto concludere entro il 30 giugno, ma poi hanno spostato la scadenza al 7 luglio, e ancora al 10 e poi alla mezzanotte del 13 luglio. E ormai un giorno in più o uno in meno non conta più granchè. La vera fretta era di chiudere entro il 7 luglio. In tal modo il Congresso degli Stati Uniti avrebbe avuto solo 30
giorni, e non 60, per valutare l'accordo, ed eventualmente respingerlo. Eventualità tutt'altro che remota, considerate le forti riserve avanzate non solo dai repubblicani, ma anche dai diversi democratici. Con più tempo a disposizione, frattanto, a Vienna ogni singola virgola delle circa 100 pagine del testo dell'accordo viene rivista, così come ognuno dei diversi allegati. Anche per questo ancora non si arriva al dunque, e il «se» inserito nel
tweet di Rohani è ancora d'obbligo.

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