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Sì alle nozze gay in Irlanda, il Vaticano: "Una sconfitta per l'umanità"

CITTA' DEL VATCANO. Per il Vaticano il sì alle nozze gay uscito dal referendum in Irlanda rappresenta «una sconfitta per l'umanità». «Sono rimasto molto triste di questo risultato, la Chiesa deve tener conto di questa realtà ma nel senso di rafforzare il suo impegno per l'evangelizzazione», dice amaramente il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin: «Credo che non si può parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani ma di una sconfitta dell'umanità».

Il voto nella cattolica Irlanda, primo caso in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso viene introdotto da una consultazione popolare, scuote quindi profondamente il Vaticano. «Come ha detto l'arcivescovo di Dublino - spiega il card. Parolin - la Chiesa deve tenere conto di questa realtà ma deve farlo nel senso che deve rafforzare tutto il suo impegno e tutto il suo sforzo per evangelizzare anche la nostra cultura». «La famiglia - dice ancora il primo collaboratore del Papa rispondendo su come procedano i lavori del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che in questi giorni ha messo a punto il nuovo 'Instrumentum laboris' - rimane al centro e dobbiamo fare di tutto per difendere, tutelare e promuovere la famiglia perchè ogni futuro dell'umanità e della Chiesa anche di fronte a certi avvenimenti che sono successi in questi giorni rimane la famiglia».

«Colpirla - ha proseguito - sarebbe come togliere la base dell'edificio del futuro». Dalla Chiesa italiana, intanto, rispetto all'esito del referendum irlandese, visibile esempio di come la base cattolica ormai pensi e decida in difformità da quanto proclamato dalla gerarchie, viene la sollecitazione a «non arroccarsi» ma anche a evitare «un'accettazione acritica». Per il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, «la percentuale con cui è passato il referendum ci obbliga un pò tutti a prendere atto che l'Europa, e non solo l'Europa, sta vivendo un'accelerazione del processo di secolarizzazione che coinvolge tutti gli aspetti e quindi anche quello delle relazioni». Di fronte «a questo fatto che sta davanti a tutti», a «questo e ad altri cambiamenti che di sicuro sorprendono, e talvolta anche destabilizzano, la risposta non può essere nè quella dell'arroccamento fatto di paure e di arroganza», nè «quella dell'accettazione acritica, frutto di una sorta di fatalismo e di chi batte in ritirata».

Per il numero due della Cei, «la paura, l'arroccamento, il fatalismo fanno il gioco delle lobby ideologiche, lasciano cioè il campo a chi purtroppo vive anche realtà importanti e belle come quella delle relazioni» unicamente «come conquista da esibire e da sbattere in faccia». Galantino nega che quanto è avvenuto in Irlanda sia «un sonoro schiaffo alla Chiesa», come qualcuno «si è affrettato a dire»: «non è così che si ragiona». Citando il Papa, ricorda che «il compito principale della Chiesa non è di costruire muri ma ponti, di stabilire un dialogo con tutti». In questo orizzonte, chiarisce il segretario Cei, «l'atteggiamento della Chiesa non è quello di chi subito spara al primo che parla e che dice cose contrarie, ma si tratta di capire, di rendersi conto, ma di mettersi di fronte a queste realtà in maniera critica, laddove critico significa conoscendo la posizione dell'altro, capendo dove vuole arrivare». Per Galantino, «su queste realtà la stanno facendo da padrone spesso le posizioni di chi non accetta di sedersi al tavolo, di ragionare, ma non invocando subito il Vangelo o i documenti della Chiesa ma cercando di mettere in comune realmente le ragioni che ci portano a dare una risposta».

«Gli uomini di Chiesa non sono fuori del mondo: il problema di far passare la Chiesa come quella che deve necessariamente mettersi contro, come quella che ritarda il progresso mi pare un pò forzata». «Grazie a Dio sta crescendo anche all'interno della Chiesa questa attenzione alla 'nuova sensibilita», questa capacità di leggere al netto di un'eccessiva emotività eventi e mutamenti culturali, che «non vuol dire subito e solo sposarli in pieno, nè tantomeno perdere la capacità di ragionare di fronte a certi cambiamenti culturali. È importante il rispetto per la persona così come sta dinnanzi a noi, capire di che si tratta - aggiunge -: attenti però a non volere subito trasformare i diritti del singolo in punti di partenza perchè diventino necessariamente i diritti di tutti. Questo è diverso».

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