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Usa-Cuba, Castro: "L'isola resta comunista", protestano gli esuli

Contrari al riavvicinamento tra i due Paesi i leader dell'opposizione cubana che sono in esilio da anni

 WASHINGTON. Raul Castro ha ringraziato Obama per «un nuovo capitolo» nei rapporti tra i due Paesi ma ha ribadito che L'Avana resterà comunista. Cuba, ha detto in Parlamento, non abbandonerà i suoi principi socialisti: «Come non abbiamo mai chiesto agli Usa di cambiare il suo sistema politico, chiediamo rispetto per il nostro», ha sottolineato.

Nel discorso di chiusura della sessione semestrale del Parlamento, dopo l'annuncio dell'avvio della normalizzazione dei rapporti fra Cuba e gli Usa, Castro ha alternato dichiarazioni concilianti e combattive verso gli Stati Uniti e il resto del mondo.

Il presidente ha sottolineato che il suo Paese intende accelerare la riforma economica, con la priorità nel porre fine al sistema della doppia valuta nel Paese. Ma ha anche detto che i cambiamenti dovranno essere graduali per creare un sistema di «comunismo prospero e sostenibile.»

Intanto i leader esuli dell'opposizione cubana si sono uniti alle manifestazioni dei politici e attivisti cubani a Miami che protestano contro il disgelo tra Usa e l'isola castrista, sostenendo che la loro comunità non è divisa da un divario generazionale.  «L'opposizione continuerà a lottare, con o senza Barack Obama», ha detto l'attivista cubano Jorge Luis Garcia Perez, noto con il soprannome di 'Antunez'. Alla manifestazione hanno preso parte 200 persone, la maggior parte esuli cubani, che hanno gridato slogan 'Obama, traditorè ed esposto bandiere cubane.

Alcuni si sono detti delusi che la protesta non abbia attirato più persone. «La mentalità è: ora possiamo comprare sigari e rum. Questa non è una cosa felice per noi», ha detto Armando Merino, 68 anni, giunto negli Usa all'età di 14 anni. «Sono qui per il popolo cubano e per la mia famiglia a Cuba, che non può protestare», ha aggiunto.

Alla manifestazione hanno preso parte due dissidenti di alto profilo: Garcia Perez, che ha trascorso 17 anni di reclusione per le sue attività e che ha fatto lo sciopero della fame per protestare contro il trattamento dei prigionieri, e Berta Soler, portavoce del movimento d'opposizione 'Dame in bianco', che riunisce mogli e famigliari dei dissidenti cubani imprigionati in seguito al raid del governo cubano nel 2003.

Secondo Soler, la normalizzazione dei rapporti tra Usa e Cuba, «perfezionerebbe il meccanismo repressivo del governo cubano». «Cuba ha bisogno di libertà e la libertà dipende dai cubani», ha detto.

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