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Caso Rehyaneh, Bonino: "Basta pena di morte, diaologo con Iran"

L'ex ministro degli Esteri spiega che questo episodio non deve essere un alibi per interrompere il dialogo con Teheran

ROMA. Iran o Stati Uniti non importa, «la pena di morte è sempre inaccettabile». L'impiccagione di Rehyaneh non diventi «un alibi per impedire il dialogo con Teheran». Lo afferma al Messaggero l'ex ministro degli Esteri e storica militante radicale dei diritti umani Emma Bonino secondo cui «dolore e indignazione» per l'uccisione della 26enne iraniana devono «rafforzare l'impegno per la moratoria sulla pena di morte in tutto il mondo», senza ostacolare il negoziato con l'Iran in vista della scadenza del 24 novembre, cioè l'accordo sul nucleare a Ginevra.

«In Cina - spiega Bonino - ci sono esecuzioni per reati amministrativi come la corruzione. In Arabia Saudita per adulterio. A Singapore per droga. Ognuno pretende che i suoi reati siano più gravi. Negli Usa l'esame del Dna ha svelato errori giudiziari. Ogni caso è intollerabile».  «Per la mia sensibilità e la mia storia questa uccisione mi colpisce di più - aggiunge - ma non è meno grave nè deve sminuire l'orrore per altre esecuzioni. Del caso Rehyaneh avevo parlato in Iran. Ultimamente c'era stato un passo ufficiale del governo italiano e di tutta la Comunità europea. Qualcuno dice che è stato un segnale politico dei conservatori. Io non lo so, non voglio inseguire le dietrologie. Mi preme il tema, anche riguardo ai minori e ai disabili».

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