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Escalation di violenza a Gaza, il sangue dei più piccoli.

GERUSALEMME. Sono i bambini a pagare il prezzo più  alto a Gaza. Dei circa 130 morti, registrati in cinque giorni di  raid, oltre una ventina sono minorenni, quasi un quarto del  totale. E il numero dei bimbi uccisi continua ad aumentare. Tre  bambine disabili hanno perso la vita oggi dopo che l'aviazione  israeliana ha colpito in mattinata un orfanotrofio a Beit Lahya  (a nord di Gaza), stando all'agenzia di stampa Quds Press. Una  notizia smentita quest'ultima dal portavoce dell'ambasciata  israeliana a Roma, Amit Zaruk.

Qualche ora più tardi un'altra bambina è deceduta dopo che un  razzo sparato da un drone israeliano ha colpito un capannello di  persone nel rione Sheikh Radwan di Gaza.  Di ora in ora cresce l'urgenza di intervento umanitario,  mentre continua lo sforzo dei partner di Oxfam al lavoro nella  Striscia di Gaza per rispondere all'aumento crescente di  violenza nella regione. L'associazione umanitaria ha riferito  che sono almeno 100mila le persone senza acqua potabile, mentre  l'Onu ha riportato che almeno 32 scuole sono state colpite da  bombardamenti, dozzine di case sono state distrutte e più di  2000 danneggiate.          Secondo la responsabile dell'ufficio Mediterraneo di Oxfam  Italia, Umiliana Grifoni, le infrastrutture basilari che  garantiscono acqua e servizi sanitari sono state distrutte o  gravemente danneggiate dai bombardamenti israeliani. «Si sta  lottando perchè i servizi facciano fronte alle necessità, ma la  mancanza di sicurezza sta rendendo difficile portare gli aiuti».

Un ospedale supportato da Oxfam, che ha finora assistito più  di 50 feriti ha reso noto che nei prossimi giorni finirà il  carburante indispensabile per compiere operazioni vitali in  aiuto dei civili feriti. Il direttore medico dell'ospedale,  Ahmed Manna, ha aggiunto che «circa il 40% dei feriti curati  sono bambini e molte altre sono donne incinte». La stessa fonte  ha aggiunto che lo staff medico sta lavorando con turni di 24  ore per sopperire alle necessità, che è pericoloso tornare a  casa e che c'è inoltre il rischio che «se il carburante non  dovesse essere disponibile in pochi giorni, l'ospedale dovrà  chiudere molti dei suoi servizi a 360mila persone a Gaza».

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