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Giubileo dei detenuti, il Papa: serve un atto di clemenza

Papa Francesco

CITTÀ DEL VATICANO.  «Dove c'è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione». Lo ha detto il Papa nell'omelia della messa dedicata ai carcerati.

Il Papa ha chiesto ai governi «un atto di clemenza» per i carcerati. «In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili - ha detto Papa Francesco dopo l'Angelus - la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento».

«In occasione dell'odierno Giubileo dei carcerati - ha detto il Papa dopo la preghiera dell'Angelus -, vorrei rivolgere un appello in favore
del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo, affinchè sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti.

Inoltre, desidero ribadire l'importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società.

In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili di ogni Paese la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza - è il preciso appello del pontefice - verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento».

Occorre sempre avere «la certezza della presenza e della compassione di Dio - ha esortato Papa Francesco -, nonostante il male che abbiamo compiuto. Non esiste luogo del nostro cuore che non possa essere raggiunto dall'amore di Dio».

Il Papa esorta i detenuti a non perdere mai la speranza che non può essere soffocata da nessuno. «Il mancato rispetto della legge - ha evidenziato il pontefice nell'omelia - ha meritato la condanna; e la privazione della libertà è la forma più pesante della pena che si sconta, perchè tocca la persona nel suo nucleo più intimo. Eppure, la speranza non può venire meno. Una cosa, infatti, è ciò che meritiamo per il male compiuto; altra cosa, invece, è il 'respiro" della speranza, che non può essere soffocato da niente e da nessuno».

«A volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l'unica via è quella del carcere. Non si pensa alla possibilità di cambiare vita, c'è poca fiducia nella riabilitazione. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto».

È chiusa in cella anche la persona che ha pregiudizi o falsi idoli. «Quando si rimane chiusi - ha detto il Papa - nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove dentro schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell'individualismo e dell'autosufficienza, privati della verità che genera la libertà».

Anche Dio spera, «per paradossale che possa sembrare, è proprio così: Dio spera! La sua misericordia non lo lascia tranquillo», ha aggiunto il Papa.

«Non esiste tregua nè riposo per Dio fino a quando non ha ritrovato la pecora che si era perduta. Se dunque Dio spera, allora la speranza non può essere tolta a nessuno, perchè è la forza per andare avanti; è la tensione verso il futuro per trasformare la vita; è una spinta verso il domani, perchè l'amore con cui, nonostante tutto, siamo amati, possa diventare nuovo cammino».

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