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Porcellum bocciato, una svolta per l’Italia del futuro

di NINO SUNSERI

In un Paese normale non sarebbe successo. Non sarebbe successo che la politica e i partiti ricevessero un pugno così violento. La Corte Costituzionale ha giudicato la legge elettorale, il cosiddetto «Porcellum», in contrasto con i principi della Repubblica italiana. Sulla materia il governo e il Parlamento non riescono a decidere da anni.
Tutti d'accordo sulla necessità di fare la riforma, nessun risultato raggiunto. Il pugno della Corte Costituzionale poteva essere evitato. Era stato annunciato in tutte le maniere. I segnali, con il passare delle settimane, diventavano sempre più chiari. Ma né il governo né tantomeno il Parlamento occupato da partiti che si stanno dilaniando, hanno preso un provvedimento. Ora tutti guardano sbigottiti alla situazione senza sapere bene come comportarsi.
In realtà è tutto molto semplice, almeno in punto di diritto. La Corte Costituzionale non ha bocciato tutta la legge ma due punti (il premio di maggioranza e le liste bloccate). Vuol dire che una legge elettorale comunque esiste ancora e questo impedisce il ritorno al Mattarellum (il sistema precedente): qualcuno ci sperava, se fosse stata dichiarata la decadenza totale. L’indicazione della Consulta è però chiara; bisogna che il Parlamento approvi un nuovo sistema di regole perché quello attuale, pur non essendo stato totalmente abrogato, è ormai inutilizzabile.
La Consulta ha dichiarato la caduta del premio di maggioranza vista la sua assurda formulazione che non prevedeva una soglia minima. L’abolizione riporta al proporzionale. Muoiono anche le liste bloccate che facevano del Parlamento un elenco di nominati più che di eletti. Tornano le preferenze. Ma l'attuale legge non prevede le regole per le preferenze. Quindi si è al vuoto. E una legge del Parlamento per le nuove regole elettorali è ormai ineludibile. Del resto la stessa Corte Costituzionale sollecita il Parlamento a varare la riforma. A questo punto è imprevedibile lo sviluppo delle cose. Ma riteniamo che il Paese abbia bisogno di una riforma che tenga fermi alcuni punti.
La democrazia italiana può permettersi di tornare ad un sistema elettorale che prescinda dal maggioritario? Non lo crediamo proprio visto che il proporzionale ha originato clientelismi e inefficienza su cui è cresciuto il debito pubblico. Uno dei pochi aspetti positivi della Seconda Repubblica è proprio il cambio di marcia alle urne. Finchè il sistema ha funzionato, ha consentito di conoscere già la sera delle elezioni il nome del premier e identificare la maggioranza. La democrazia ne ha guadagnato in termini di governabilità: per un’intera legislatura, dal 2001 al 2006, c’è stato un solo premier e una sola maggioranza. Fino ad allora non era mai accaduto. Poi la degenerazione che ha portato negli ultimi due anni ai governi del Presidente (inteso come Napolitano).
Il Paese ha bisogno di recuperare credibilità. La nostra democrazia deve essere sottratta al gioco dei partiti che si dilaniano. Dunque l’impostazione maggioritaria va assolutamente preservata e, anzi, irrobustita per dare al governo la forza necessaria per dirigere il Paese. Per rimediare al pugno ricevuto dalla Corte Costituzionale non resta al Parlamento che votare rapidamente una nuova legge elettorale e preparare il Paese al voto. Tanto più che non c'è molto tempo a disposizione. Questo è un Parlamento eletto con una regola che contrasta con la carta fondamentale della Repubblica. Questo non vuol dire che abbia perso legittimità ma è chiaro che, da ieri sera, il suo orizzonte è più corto. Non a caso già si sentono voci di un patto generazionale raggiunto da Letta, Alfano e Renzi per rinnovare completamente la politica italiana. Non conosciamo il contenuto di questi accordi: però è evidente che, a questo punto, la legge elettorale diventa lo snodo su cui costruire il futuro. Altrimenti sono solo chiacchiere.

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