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Al Governo adesso serve una svolta

Da un esecutivo politicamente così forte e così egregiamente sostenuto dalla stima e dalla simpatia internazionali ci si sarebbe aspettata una partenza più forte per trasformare la delusione in speranza e imprimere una svolta

Due settimane dopo l'insediamento, il 4 dicembre 2011 il governo di Mario Monti fece una storica riforma delle pensioni. Dimenticò gli esodati e fu un errore imperdonabile, allungo all'improvviso la vita lavorativa di tanta gente e fu uno shock. Ma fece in pochi giorni quel che non si era fatto in trent'anni, se con passettini di una lentezza esasperante. I partiti della «strana maggioranza» erano anestetizzati dalla crisi finanziaria e subirono - soprattutto a sinistra - quel che mai avrebbero subito in circostanze diverse. Infatti quando si svegliarono il Pd fece bloccare il decreto legge sulla riforma del lavoro (che alla fine uscì malissimo, soprattutto per gli ingressi), il PdL si mise di traverso in altri campi e il governo entrò in sonno. Il governo Letta-Alfano è nato con ambizioni superiori: ha un sostegno politico di una ampiezza che non si vedeva dal '47, beneficia di una situazione finanziaria assai migliore di un anno e mezzo fa, uno spread dimezzato, una reputazione internazionale elevata. Ma deve affrontare una situazione economica e sociale drammaticamente peggiore di quella ereditata da Mario Monti. I numeri dell'annuario Istat sono impressionanti, le storie di povertà non si contano, la media borghesia è diventata proletariato, il presidente di Confindustria ha denunciato il rischio di fallimento dell'intero sistema.
Da un governo politicamente così forte e così egregiamente sostenuto dalla stima e dalla simpatia internazionali ci si sarebbe aspettata una partenza più forte per trasformare la delusione in speranza e imprimere una svolta - anche psicologica - ai rapporti tra opinione pubblica e classe politica. E invece in quasi un mese di governo abbiamo avuto soltanto lo spostamento a settembre del pagamento dell'Imu sulla prima casa (ma le tasse su tutti gli altri immobili saranno assai più pesanti, come previsto) e ieri il primo passo per l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Due misure psicologicamente significative, ma certamente insufficienti a riavviare un motore spento da troppo tempo. Mentre tutti i partiti hanno dato una pessima prova di sé rinviando la chiusura di 32 tribunali inutili e di 222 sedi decentrate degli uffici giudiziari: lasciando intendere con chiarezza che nessuno è disposto a perdere un voto in nome di un provvedimento amaro, ma sacrosanto.
Enrico Letta e Angelino Alfano possono rispondere facilmente a questi rilievi: la zucca trasformata in carrozza esiste solo nella favola di Cenerentola e loro due hanno dovuto festeggiare il loro fidanzamento politico andando in pizzeria con un taxi. Noi non siamo economisti e non ci permettiamo di consigliare chi se ne sa assai di più. Ma se è vero - come ormai è stato dimostrato - che l'eccesso di austerità ha aggravato la crisi, se è vero che l'eccesso di imposizione invece di arricchire l'erario lo impoverisce perché impoverisce l'economia, forse ha un senso limitato rompersi la testa sui decimali (il deficit si fermerà al 2.9 del prodotto interno lordo o lambirà il 3?) e non concertare invece con gli altri paesi una strategia che consenta di progettare piani di rientro diversi da finanziare con i risultati del rilancio dell'economia. Al vertice dei capi di stato e di governo europei di fine giugno 2011 il veto di Mario Monti produsse qualche vantaggio. Enrico Letta si muoverà nella stessa direzione? Avrà la maggiore energia che gli deriva dal suo peso politico e da una condizione finanziaria migliore? Sappiamo tutti che dopo le elezioni tedesche di fine settembre la Germania sarà probabilmente meno rigida, ma mancano quattro mesi e sono troppi per iniziare la cura a un malato terminale. Letta, Alfano e Saccomanni cerchino gli strumenti per una scossa, altrimenti il declino del governo comincerà prima che esso sia riuscito ad esprimere le sue notevoli potenzialità di riscossa.

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