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La Gesip e l'esigenza del rigore

Nel marasma della campagna elettorale - su cui da si è abbattuto il ciclone Orlando - cominciano finalmente ad emergere concrete ipotesi di soluzione della grana della società. Patata fin troppo bollente che i candidati a sindaco sanno essere potenzialmente molto indigesta

Riqualificazione e rimansionamento. Nel marasma della campagna elettorale - su cui da ieri si è abbattuto il ciclone Orlando - cominciano finalmente ad emergere concrete ipotesi di soluzione della grana Gesip. Patata fin troppo bollente che i candidati a sindaco sanno essere potenzialmente molto indigesta. La protesta dilaga sulle strade della città in un modo intollerabile e che ha reso inevitabile e opportuno ieri l’intervento di «alleggerimento» deciso dal questore. Palermo è attesa da un crescendo rossiniano della tensione di piazza cui potrebbe contribuire presto anche il personale Amia, visto che ieri per tutto il giorno si sono rincorse voci su un possibile dimezzamento degli stipendi di marzo.


Cosa che sembrerebbe scongiurata, anche se restano le assemblee in programma la prossima settimana, le cui conseguenze sulla raccolta rifiuti saranno facili da prevedere.
Ecco dunque cosa hanno prodotto anni di dissennata politica clientelare, figlia delle scelte scellerate fatte da tutti gli schieramenti succedutisi alla guida della città. Società gonfiate all’inverosimile e rese ingestibili da costi dopati e personale spesso non qualificato, adesso sono al collo dell’imbuto, ad ostruire il normale fluire della crescita economica del capoluogo. Abbiamo chiesto idee e progetti ai candidati e - sebbene alla spicciolata - qualcosa viene fuori. C’è chi - Orlando, Ferrandelli o la Caronia - parla, seppur genericamente, di riqualificazione di queste grandi masse di ex precari, a vantaggio di una gestione dei servizi che possa così abbattere i costi di una loro eventuale esternalizzazione. C’è chi - Aricò - ipotizza una graduale corsa verso scivoli previdenziali e prepensionamenti, c’è chi - come Costa - auspica tavoli comuni e bolla come demagogiche eventuali formule pre-elettorali. Insomma, qualche idea in ordine sparso o poco più, in un’ancora embrionale dichiarazione di intenti.



Noi continuiamo a sostenere che il tentativo - non semplice, lo sappiamo - di trasformare questo personale in una risorsa per la pubblica amministrazione è l’unico modo per invertire la rotta e rendere così credibile una eventuale richiesta di sostegno economico ai governi nazionale o regionale. Ma per fare ciò servono scelte rigorose nel ridefinire funzioni e compiti. Serve che lavorino davvero per il bene della città. Servono controlli accurati e capillari sul rispetto dei loro doveri di dipendenti pubblici. Senza ambiguità e senza eccezioni. Ed è un processo che va imbastito nelle stanze del potere, liberando le strade. Non è tenendo in ostaggio una città che si aiuta la città a uscire dalla crisi in cui è precipitata.

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