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La dialettica che si trasforma in scontro

Preoccupa e amareggia che una normale e auspicabile dialettica democratica tra giovani di opposte ideologie si trasformi in scontri fisici senza opportune mediazioni e ristabilimento pacifico di regole di comportamento.
Sappiamo bene come da parte della istituzioni sia difficile fronteggiare con perizia situazioni di protesta che spesso si caricano di rabbia sociale non sempre coerente con rivendicazioni e richieste avanzate ma utili soltanto a manifestare con forza forme di ostentata appartenenza. Appartenenza spesso stimolata da imitazioni e emulazioni fuori da ogni collegamento con la scuola il territorio i problemi quotidiani.
Resta il dubbio, pur consci, ripetiamo, delle difficoltà insite del rapporto tra manifestanti, soggetti involontariamente coinvolti e forze incaricate di riportare ordine, che strategie repressive, se non adattate all'età, alle caratteristiche, alle motivazioni degli scontri stessi, accentuino nei protagonisti potenziali cariche di violenza.
Di certo, le forze dell'ordine sanno per esperienza e sensibilità, e vorranno in ogni occasione ricordarlo, in che modo collaborare con le istituzioni in casi particolari come quello accaduto al Liceo "Umberto Primo", dove gruppi opposti hanno ingenuamente preteso un infantile controllo del territorio .
I graffiti nei muri sono espressione, il più delle volte, di creatività e di leggerezza ironica. Se esprimono invece odio e violenza verbale, c'è da chiedersi se, in questo momento, le agenzie formative, fuorviate da contesti assai poco stimolanti, stiano sempre trasmettendo valori etici.
Oltre l'analisi, una considerazione si impone e deve costituire punto di esame di coscienza per tutti.
L'episodio del Liceo Umberto è solo occasionale prodotto di una distrazione o di una sottovalutazione da parte dei soggetti che si comportano con i giovani e le loro manifestazioni di pensiero? È la spia di un disagio che spinge ad aggregazioni dentro le quali si possano ritrovare solidarietà che non vengono da altre parti della società. Ovvero è un segnale estremo di rifiuto della politica, di una politica che non accende passioni, non detta temi di impegno, rifiuta impaurita confronti con forza di cui non conosce bene la direzione di marcia. È bene interrogarsi su eventuali equivoci registrati nel controllo degli scontri, ma sarebbe davvero segno di vigliaccheria non riflettere da dove vengono e dove potrebbero andare i protagonisti di questi scontri.
*Assessore regionale all'Istruzione

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