Lo scudetto s'avvicina alla Roma. La Lazio ce l'ha messa tutta, per bruciarle il sogno tricolore, ma il destino l'ha tradita quando Floccari ha sparacchiato il rigore del due a zero, sollecitando Julio Sergio ad esaltarsi parandolo.
Edy Reja aveva trovato la chiave del derby e stava clamorosamente vincendolo su una Roma modesta, quasi assonnata, addirittura frenata dai suoi più importanti rappresentanti, Totti e De Rossi, il Re e il Reuccio. La loro prova incolore - inspiegabile quella di De Rossi che da giorni si caricava per esplodere nella madre di tutte le partite - ha tuttavia rivelato che la Roma imperiale ha da ieri un solo leader, Claudio Ranieri, che ha avuto il coraggio di toglierli entrambi per affidarsi agli operai autori del miracolo giallorosso - delle ventitré giornate di Trigoria - insieme al fuoriclasse Vucinic, autore della doppietta del Derby, il bomber di stagione, l'antipersonaggio che ha faticato a conquistare il cuore dei tifosi e vien comunque sottovalutato anche se l'impresa di questa stagione - sia scudetto o secondo posto - porta innegabilmente la sua firma. Vedo Ranieri, l'ascolto mentre racconta questa storica giornata che gli sta arricchendo la vita, che lo riavvicina alla radici testaccine riempiendogli il cuore di ricordi: soprattutto i sospiri delle lunghe stagioni vissute sperando che un giorno la Roma, la sua Roma, lo chiamasse come Mago Helenio l'aveva chiamato, ragazzo, a indossare la maglia giallorossa.
C'è voluta - non ridete - c'è voluta la Juventus perché il sogno s'avverasse: la Juventus che non s'era accontentata della sua prestazione e l'aveva sbattuto a casa villanamente a due giorni dalla fine del campionato scorso, magari con il parere positivo di certi giocatori cui Ranieri aveva mancato di rispetto: sostituendoli, mandandoli in panchina, proprio come aveva fatto Capello il Caudillo. Uno Camoranesi, l'ha gridato; un altro, Del Piero, l'ha sussurrato; solo che certi sussurri valgono più di certe grida e il sor Claudio, cacciato da Torino, da ieri sera può legittimamente sperare di vincere lo scudetto a Roma con la sua Magica che l'aveva agganciato a inizio stagione dopo la fuga di Spalletti, pensando di sopravvivere, non di trionfare.
Non è mai successo che un tecnico di riserva abbia vinto il campionato, Ranieri ci prova: con la serietà e l'autorità che la grande stagione romana ha accresciuto e gli han permesso di mandare a nanna Totti e De Rossi, De Rossi e Totti, senza che sussurri e grida possano più fermarlo. Domani, se vincerà l'emozionante gara con Mourinho e piegherà l'Inter colpevole di sciagurati abbandoni, nessuno potrà più dargli ordini.
E così nessuno potrà più gridare a Rosella Sensi che è una poverella in bolletta, come certo tifo cialtrone è andato dicendo per settimane nell'etere capitolino. Il campionato non è finito, l'Inter aspetta d'incontrare il Barcellona per far conoscere quanto ancora potrà battersi per la conquista di uno scudetto che aveva già vinto a gennaio: ma l'intrigo juventino/romano porta a simpatizzare per Ranieri, l'uomo tutto d'un pezzo che non s'è mai piegato davanti ai Padroni del Vapore (italiani o russi) senza peraltro esibire spavalderia. Quella che sta vincendo, a Roma, è la forza del lavoro.
Questo campionato è bellissimo - alla faccia dei disfattisti - anche nelle altre zone della classifica: le prime tre destinate alla Champions aspettano di conoscere la quarta anche se la Sampdoria, dopo aver battuto il Milan, è avvantaggiata rispetto al Palermo graziato dal Cagliari. Da Marassi si riaccendono il tormentone di Cassano azzurro e la telenovela di Leonardo fuggitivo in Brasile. La Juve anonima cerca un posto in Europa League e lo troverà forse insieme al Napoli. Sul fondo, lotta continua fra l'Atalanta che sale e Bologna e Lazio che scendono.
Ancora quattro turni di emozioni. Nessun dorma.
Caricamento commenti
Commenta la notizia