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Due sberle alla Vecchia Signora

Juventus-Palermo del 28 febbraio 2010 è stato un capolavoro rosanero: una partita che i rosa hanno vinto con pieno merito, approfittando delle gravi assenze dei bianconeri

“La differenza tra noi e loro? Semplice, noi due anni fa abbiamo preso Poulsen, loro Liverani!”. La citazione, da leggersi con tono rigorosamente sarcastico e con un sorriso amaro sulle labbra, è presa in prestito da un collega torinese, che domenica sera dopo la partita cercava una possibile spiegazione a quanto aveva veduto accadere sul campo. Su quel campo dell'Olimpico dove, poco prima, la banda di ragazzacci sfrontati vestiti di rosanero aveva preso a sberle la Vecchia Signora, lasciandole l'illusione di poter vincere nel primo tempo, salvo poi castigarla severamente (e meritatamente) nel secondo, scalzandola così dal quarto posto, una delle poltronissime con vista Champions’.
La frase veniva pronunciata proprio mentre il perplesso Zaccheroni cercava disperatamente uno specchio su cui arrampicarsi davanti ai microfoni, tirando in ballo sfortuna, infortuni, stanchezza e qualunque cosa potesse servire allo scopo. Ma invano. Invano perché, molto semplicemente, Juventus-Palermo del 28 febbraio 2010 è stato un capolavoro rosanero. Una partita che il Palermo ha vinto con pieno merito, approfittando (senza dubbio) delle gravi assenze dei bianconeri, ma senza specularci sopra. Il Palermo ha vinto perché ha giocato meglio, tutto qui. Perché ha gestito meglio le forze, ha usato la tattica giusta, ed ha avuto il cinismo che invece (da grande squadra) avrebbe dovuto avere la Juve. Anche una Juve incerottata e piena di (presunte) riserve. Uno di quei successi che possono (se gestiti nel modo giusto) cambiarti una stagione intera, addirittura – azzardo – rappresentare la prima pietra per l'inizio di un ciclo vincente. I motivi sono due, e cercherò di analizzarli singolarmente.
La prima ragione è meramente emotiva e mentale. La gara contro la Juve ha avuto un andamento molto lineare e chiaro: dieci minuti di studio, poi un primo tempo dominato quasi totalmente dalla Juventus che ha avuto almeno tre limpide palle gol per andare in vantaggio (Candreva, Diego e Trezeguet), e un secondo tempo con un crescendo rosanero quasi rossiniano con la Juventus addirittura sulle ginocchia negli ultimi minuti. Questo vuol dire che il Palermo ha “capito” progressivamente nel corso del match quanto stava accadendo, ed ha avuto la lucidità e la forza di resistere all'ondata bianconera, sapendo di avere tutte le carte in regola per poter poi tentare il colpaccio. La mia personale sensazione è che il Palermo potesse già nel primo tempo rovesciare psicologicamente la gara, ma ha patito la “forza mentale” della Juventus, squadra formata da giocatori marchiati a fuoco da partite come queste, e abituati praticamente ogni gara a gestire pressioni di questo tipo. I rosanero rimanevano così troppo “bassi”, timorosi, incapaci di ripartire, con una circolazione di palla troppo lenta. Eppure, nonostante ciò, le poche volte che i ragazzi di Rossi si distendevano in avanti, nelle linee bianconere si aprivano squarci evidenti. Quando le energie hanno progressivamente abbandonato i bianconeri, allora è emersa la prorompente energia mentale e fisica dei rosanero, che si sono mentalmente “sbloccati” capendo che gli avversari non erano poi quell'Invincibile Armada che poteva apparire. Il resto lo hanno fatto il piede fatato di Miccoli (che soddisfazione per lui!) e l'astuzia di Budan, pronto ad approfittare del black-out mentale di Grygera e Manninger. Il torto della squadra di Zaccheroni è stato quello di non segnare nel suo momento migliore, cosa che invece con noi aveva fatto la Roma. Per esatto contraltare, il merito del Palermo è stato quello di resistere senza disunirsi nel primo tempo, e di gestire il pallone con maestria dopo il vantaggio, chiudendo la gara proprio quando doveva. Insomma, come ho già detto, un vero capolavoro. Che dà autostima e fiducia nei propri mezzi. Requisiti indispensabili per puntare a quella continuità di risultati necessaria per raggiungere traguardi ambiziosi.
La seconda ragione è tecnico-tattica. Il Palermo (grazie al lavoro mostruoso di Delio Rossi e ad alcune sue decisive scelte) è diventato una specie di macchina da guerra. Un mix perfetto di esperienza e gioventù, di cinismo ed entusiasmo, di concretezza e sregolatezza. Al Palermo di oggi non manca nulla: c'è un portiere straordinario in impennata di rendimento, due esterni che crescono partita dopo partita, quattro giovani leoni che presto sentiremo accostati ai nomi dei maggiori club d'Europa (Kjaer, Cavani, Pastore, Hernandez), vecchi lupi di mare rotti a mille battaglie come Liverani, Miccoli e Bovo, gladiatori infaticabili come Nocerino e Migliaccio a cui (se fossero auto) servirebbe un tagliando e un cambio olio ad ogni fine partita. Infine variabili impazzite come Budan, Simplicio e Bresciano, riserve solo apparenti, capaci però di entrare a metà secondo tempo e risolverti una partita rognosa. Il tutto shakerato da un barman d'eccezione come Rossi, che – non a caso – a Torino ha festeggiato le 600 panchine da professionista, e che sta creando, plasmando e cementando un gruppo granitico, motivando i “vecchi” e gestendo con il bilancino del farmacista i giovani. Sedici giocatori perfettamente intercambiabili, assolutamente capaci di recitare a memoria gli schemi base del tecnico. Della serie: signori, gli allenatori non si inventano in un giorno, ma si costruiscono in anni di dura gavetta.
Ora per rendere il cocktail realmente perfetto manca l'ultimo decisivo ingrediente: la continuità. Già domenica contro il Livorno il Palermo dovrà dimostrare che quel quarto posto non è frutto del caso o di una serie di coincidenze, ma è solido e può essere “puntato” sino alla fine. I labronici verranno da noi pronti a mettersi in trincea e randellare senza pietà. E sarà difficile vincere. Mi aspetto una grande risposta da parte del pubblico rosanero. Perchè è facile gioire quando batti a casa loro Milan e Juventus, è un po' più difficile quando magari non riesci a segnare contro il Livorno. La spinta del “pandemonio al Barbera” può essere quindi linfa vitale per un gruppo che ora ha solo bisogno di essere accompagnato con ardore verso la meta. Che la si raggiunga o meno. Perché non è solo la squadra che andrebbe in Champions' League, ma tutta la città.
Chiudo con una doverosa citazione per l'arbitro Valeri di Roma. Mi ero augurato, nei giorni precedenti la gara, di poterne tessere le lodi durante e dopo la partita, e sono felice che così sia stato. Il giovane fischietto romano ha diretto con piglio, personalità, decisione ma soprattutto buon senso. Aiutato in questo dai giocatori di entrambe le squadre, che hanno dimostrato una volta di più che la favoletta della “delicatezza della posta in palio” non basta per giustificare isterismi e comportamenti palesemente antisportivi. Gli arbitri italiani forse non saranno dei fuoriclasse, ma se li si aiuta e si rema tutti nella stessa direzione, si possono ancora vedere arbitraggi ottimi e uscire da uno stadio contenti e soddisfatti. E senza ridicole pagliacciate. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

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