La Corte dei Conti condanna, nessuno (o quasi) però recupera il frutto di truffe o mala gestio di contributi pubblici. E così si moltiplicano i casi di agricoltori che hanno ottenuto fondi comunitari non dovuti ma che sono riusciti a evitare di rimborsare le somme. Come si moltiplicano in generale le imprese che sono sfuggite all’obbligo di restituire alla Regione i finanziamenti illecitamente percepiti. Nel gergo dei magistrati contabili si chiama «attività di esecuzione delle sentenze di condanna». E si può tranquillamente tradurre come il velleitario tentativo di rimettere nelle casse pubbliche i fondi erogati a chi non ne aveva diritto. Attenzione, in questi casi non si parla di sospetti ma di certezze, cioè di condanne che hanno accertato che imprese o singoli hanno percepito somme non dovute. Da quel momento, da quella condanna, scatta l’obbligo a carico delle amministrazioni - dalla Regione agli enti collegati - di recuperare le somme che i magistrati contabili hanno dimostrato non dovevano essere erogate. E da qui in poi i numeri sono sbalorditivi. Nel solo 2021 - ha rilevato l’ex procuratore regionale Gianluca Albo - dalla Corte dei Conti siciliana sono partite 655 note con cui si sollecitava la Regione e altri enti a spingere sull’acceleratore per incassare il frutto delle sentenze di condanna emesse dalla magistratura. E fra i principali destinatari di questi solleciti c’è l’Agea, l’Agenzia per le erogazioni agricoltura, che per la verità è una diramazione della struttura nazionale che si occupa di contributi. La Corte dei Conti ha monitorato le sentenze di condanna emesse a favore di Agea fin dal 2008 e ha calcolato che valgono 33.644.946,86 euro. Un tesoretto che è rimasto sulla carta «perché - ha sottolineato ancora la Procura della Corte dei Conti in un dossier da poco pubblicato - ad oggi sono stati recuperati solo 433.476,13 euro». I motivi per cui in pratica nessuno ha restituito i contributi illecitamente percepiti sono anche questi all’esame della Corte dei Conti: sulla carta il termine per recuperare le somme accertate dalle sentenze dura 10 anni e gli amministratori sono obbligati ad attivarsi ma nel frattempo può verificarsi una impossibilità a recuperare i soldi, magari perché il condannato risulta incapiente, cioè nullatenente, essendosi disfatto di tutti i suoi beni in vista della sentenza (manovra che sempre più spesso i magistrati riescono a sventare). Oppure può verificarsi il caso in cui l’amministrazione ha rinunciato a provare a recuperare le somme e in quel caso gli amministratori possono essere processati per inerzia nell’attività di recupero. Ciò che è certo è che il problema, sebbene con numeri diversi, non riguarda solo l’Agea. La Corte dei Conti ha rilevato che nell’ultimo quinquennio le somme recuperate da tutte le amministrazioni siciliane al cui vantaggio sono state pronunciate le sentenze sono in totale 12.514.622,59 euro. Troppo poco se si considera che nel solo 2021 sono state emesse 65 sentenze di condanna per un valore di 7,8 milioni. E che le richieste dell’accusa (cioè il sospetto di truffe a danno della sola Regione) valevano 18 milioni e 325 mila euro. E come funzionano questi tentativi di truffa? Per lo più sono manovre di sedicenti imprenditori agricoli che chiedono senza avere i requisiti i fondi europei del Psr per «l’ammodernamento delle aziende», per la creazione di strade interpoderali o per la valorizzazione di terreni di cui - si scopre sempre dopo - non hanno la disponibilità.