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L'Ance: "Sicilia attaccata al reddito di cittadinanza, lo sviluppo resta un sogno"

Santo Cutrone

Troppo reddito di cittadinanza secondo l'Ance Sicilia fa male. Dai costruttori arriva l'allarme: “Siciliani refrattari allo sviluppo, attaccati al Reddito di cittadinanza, mentre le imprese che hanno il lavoro sono ridotte con i mezzi di cantiere fermi perché non si trovano conduttori specializzati; giovani che seguono l’esempio di questi adulti e non scommettono sulle proprie capacità con 'Resto al Sud' e con i concorsi banditi per sfruttare le risorse del 'Pnrr', mentre tanti validi talenti sono costretti a emigrare. A tutti questi e ai territori dell’Isola l’Ance Sicilia dice: Sveglia! Il Reddito di cittadinanza non durerà in eterno, basta col tendere la mano aspettando che qualcuno eroghi sussidi mascherati da lavoro! L’assistenzialismo da subito sembra comodo, ma alla lunga desertifica la nostra terra”.

L'allarme arriva direttamente dal presidente di Ance Sicilia Santo Cutrone, secondo cui “se la Sicilia non sarà in grado di spendere i soldi del ‘Pnrr’, la prima colpa sarà dei territori siciliani (enti locali e di ricerca, imprese e cittadini) che non si coalizzano e attrezzano per partecipare ai tanti bandi di questi giorni che danno soldi, in totale 2 miliardi e 469 milioni, a chi ha idee e vuole costruire il proprio futuro senza per forza attendere che siano gli enti pubblici a farlo”.

La nuova strategia commerciale, tracciata dai principali operatori economici internazionali e confermata dai Grandi della Terra nell’ambito del G20 e della Cop26, prevede il graduale spostamento delle produzioni verso quei Paesi a maggiore stabilità politica del Nord-Africa e il rapido trasferimento in Europa di energia pulita, idrogeno e merci prodotti in quelle aree.
“Perché ciò sia possibile – commenta Santo Cutrone - , le potenze mondiali hanno bisogno che Sud Italia e Sicilia non siano più le ultime province dell’impero condannate a isolamento e sottosviluppo, ma siano al più presto attrezzate per svilupparsi a livello endogeno e diventare il fulcro logistico ed economico di questa nuova strategia che sarà ratificata nella prossima riorganizzazione della World Trade Organization così come mediata dal premier Mario Draghi”.

Da parte sua, l’Ue ha già provveduto cofinanziando i nuovi cavidotti e gasdotti sottomarini tra Africa e Sicilia e insistendo con l’Italia affinché attrezzi i porti della Sicilia meridionale e della Calabria e completi il corridoio Ten-T, incluso il Ponte sullo Stretto di Messina. Il potenziamento dei porti è già avviato, sul Ponte prevalgono ancora le ideologie.

“Frattanto – sottolinea il presidente di Ance Sicilia - , nel complesso quadro di investimenti strutturali  per la trasformazione dei nostri territori, tracciato dalla Commissione Ue e dal governo nazionale, l’Ance nazionale calcola nello studio ‘Locomotiva Sud’ che sono a disposizione del Mezzogiorno per la prima volta 121 miliardi di euro: 44,8 miliardi nelle 6 missioni del ‘Pnrr’, 24,2 miliardi di risorse territorializzate del ‘Pnrr’, 6 miliardi tra vecchio Por e React-EU, 16 miliardi dai nuovi fondi strutturali Ue 2021-2027, 13,6 miliardi dal Fsc e 16 miliardi di fondi nazionali con il ‘Pnrr’. La componente delle infrastrutture è sì importante, ma marginale: per la Sicilia, ad esempio, nel ‘Pnrr’ ci sono appena 5,1 miliardi di risorse territorializzate, cioè la stessa cifra che ci trasciniamo da dieci anni per le medesime opere progettate, finanziate e mai appaltate”.

Ciò che, invece, vale di più nel “Pnrr” e negli altri Programmi Ue attivati, è quel famoso “40% per il Sud” offerto ai singoli territori affinché autodeterminino il proprio futuro. Già con la prima tranche di 25 miliardi del ‘Pnrr’ erogata da Bruxelles, i bracci operativi della Presidenza del Consiglio e dei nuovi ministeri hanno messo a bando tutti gli strumenti necessari affinché i territori nel loro complesso abbiano la capacità di sviluppare le loro potenzialità: sono quei 29 obiettivi raggiunti su 51 di cui ha parlato il premier al termine dell’ultima Cabina di regia.
Ma, mentre le altre aree del Sud stanno rispondendo, quelle della Sicilia languono. Ad esempio, l’analisi del centro studi Srm di Napoli evidenzia che al Sud il 70% di imprese è pronto a investire in innovazione per cogliere le opportunità del “Pnrr”, percentuale che invece in Sicilia non arriva al 50%.
“La prima mossa – osserva Cutrone - è stata quella del ministero per il Sud di finanziare con 9 milioni di euro i ‘dottorati comunali triennali’: comunità delle aree interne che si mettono insieme e incaricano un ricercatore di elaborare la strategia di sviluppo di quel territorio. Su 40 progetti approvati, solo tre sono arrivati dalla Sicilia. La seconda mossa è in corso, cioè il bando da 350 milioni per creare gli ‘Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno’: centri di ricerca che entro il 12 novembre, con gli attori del territorio, possono candidarsi per recuperare siti dismessi e trasformarli in hub dell’innovazione a servizio delle imprese. L’obiettivo è di crearne 4 al Sud. Risulta che Campania, Puglia e Basilicata si siano già mosse, non ci sono ancora segnali dalla Sicilia. E ancora (dal Turismo, dal Mite e dalla Transizione digitale) i sistemi per monitorare i flussi turistici locali per il Digital Tourist Hub, realizzare impianti di trattamento dei rifiuti differenziati (270 milioni), dei fanghi di acque reflue (270 milioni), dei Raee (90 milioni), della carta (90 milioni), della frazione tessile (90 milioni), della plastica (90milioni); meccanizzare la raccolta dei rifiuti (360 milioni), ottenere l’efficienza energetica dei porti (270 milioni), creare progetti pilota di digitalizzazione della mobilità urbana nelle città metropolitane, digitalizzare e internazionalizzare le imprese del Sud (480 milioni con Simest). E tanti altri bandi sono in arrivo, come la trasformazione delle farmacie rurali in centri di prima istanza sanitaria nelle aree interne (100 milioni)”.
“In totale – conclude Santo Cutrone - sommano 2 miliardi e 469 milioni. In tutto questo, i territori siciliani che fanno? Battano un colpo!”.

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