Cresce in Italia lo smart working (o lavoro agile), un modo nuovo di intendere il lavoro, consentito anche per legge. Cos'è? Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo definisce "una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
In parole povere è una nuova filosofia di organizzare il lavoro che non è il semplice stare a casa e svolgere da lì i propri compiti. Certo, di fatto i dipendenti delle aziende che aderiscono al lavoro agile possono lavorare da casa propria o anche dal bar, ma ciò che conta davvero è che vengano rispettati gli obiettivi e le scadenze, indipendentemente da luogo in cui si opera e che si organizzi in modo più efficiente il proprio lavoro.
Flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, ma ovviamente disponendo degli strumenti digitali adeguati per farlo, è una formula ormai adottata dal 58% delle grandi imprese italiane, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018. Ma a questo dato va aggiunto il 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che lo farà nei prossimi dodici mesi.
Una ricerca dell’osservatorio smart working della School of Management del Politecnico di Milano indica che in Italia gli smart worker sono circa 570mila, in aumento del 20% rispetto al 2018. E dice anche che il 30% su 200 organizzazioni medio grandi del settore privato ha dichiarato di avere progetti in ambito smart working. Una percentuale che è addirittura raddoppiata rispetto agli anni precedenti e che dimostra l’interesse verso il lavoro agile.
Nella pubblica amministrazione sta prendendo piede anche se è un fenomeno ancora all’inizio: se, infatti, nel 2018 in Italia già il 56% delle grandi aziende aveva avviato iniziative di smart working, la stessa cosa è avvenuta solo nell’8% delle amministrazioni secondo i dati dell’Osservatorio. Ma la percentuale è in crescita rispetto al 5% del 2017.
La Direttiva 3/2017 del presidente del Consiglio dei Ministri pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 165/2017, prevede che dovrà essere concesso lo smart work ad almeno il 10% dei dipendenti pubblici richiedenti, senza che subiscano delle discriminanti sotto il profilo della carriera.
Sulla stessa lunghezza d’onda è l’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 che detta le linee guida per la nuova organizzazione del lavoro della Pubblica Amministrazione, per introdurre modalità di lavoro più flessibile in linea con i ritmi di vita dei dipendenti.
Orari di lavoro. Sta al dipendente decidere come distribuire il suo orario di lavoro durante il giorno e durante la settimana. Se deve lavorare otto ore può iniziare a lavorare alle 8 e finire alle 17, l'importante che rispetti il numero di ore previste dal contratto. Può però organizzare la sua giornata come ritiene più funzionale.
I vantaggi. In primo luogo, è stato provato da vari studi (come l’indagine dell’Università Bocconi su smart working e produttività del 2018) che lo smart worker è più soddisfatto e offre performance maggiori rispetto al dipendente che trascorre tutto il suo tempo in ufficio.
Il lavoratore ha così la possibilità di gestire l’orario lavorativo sulla base delle esigenze personali; la possibilità di poter gestire la pause con maggiore relax; si riduce lo stress; si razionalizza il tempo perchè il lavoratore non deve perdere tempo a prepararsi e a raggiungere la postazione di lavoro; risparmia i costi di trasporto.
Lo svantaggio può consistere nel non aver più confronto diretto con i colleghi.
Nel caso di aziende, ci sono vantaggi anche per i datori di lavoro: si abbattono costi di affitto, energia elettrica, riscaldamento, buoni pasto, mensa, si ha una produttività da parte del lavoratore, che è più rilassato e felice.
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