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Il ministro Tria a Firenze: "Chi attacca le banche mina il nostro Paese"

Giovanni Tria, ministro dell'Economia

l ministro dell'Economia e Finanza Giovanni Tria a Firenze interviene al Festival dell'Economia civile. "Una manovra correttiva? Nessuno ce la chiede", ha detto il ministro che annuncia come "In questi giorni si approveranno i decreti sblocca cantieri e poi le misure necessarie per contrastare la stagnazione, questo rallentamento - ha spiegato Tria -. Spero anche prima del Documento di economia e finanza".

Il responsabile dell'Economia torna anche a parlare di banche: "Attaccare il sistema bancario italiano, mettere in dubbio la sua solidità ma anche la sua resilienza e porre un sospetto su questo, significa avallare una delle campagne europee che ci stanno attaccando e mettendo in difficoltà". E significa "minare l'interesse nazionale, nel momento in cui stiamo negoziando come arrivare all'unione bancaria".

"A parte alcuni casi, che sono veramente pochi, di malagestione delle banche italiane, il sistema bancario italiano è uno dei più sani d'Europa e forse del mondo",  ha detto Tria aggiungendo che "dopo la crisi del 2008 questo era chiaro non avevamo titoli velenosi, derivati pericolosi, tossici, come le avevano e in alcuni casi hanno ancora molte banche europee, in primo luogo tedesche".

Sulla crescita Tria ha sottolineato che  "è necessaria e non sufficiente, ma ci vuole. Se guardiamo al tipo di crescita, questa può essere non inclusiva ma diretta, con un modello sbagliato che porta alla non crescita. Serve dunque una crescita equilibrata e non squilibrata, altrimenti si ha un impatto anche sociale. Inseguiamo la stabilità finanziaria ma non può esserci senza stabilità sociale". Lo ha detto rispondendo alla provocazione del direttore del Festival dell'Economia Civile, Lorenzo Bechetti, che aveva parlato di Bil, benessere interesse lordo.

Secondo il responsabile dell'Economia "la parte più produttiva dell'Italia è ferma". In questo momento c'è "un rallentamento della crescita in Europa", perché "si è fermato il motore, la Germania", e conseguentemente "si è fermata anche la parte più produttiva dell'Italia, quella del manifatturiero che esporta". Il problema, ha sottolineato, è che l'Italia "da dieci anni cresce un punto percentuale in meno del resto d'Europa, significa che la nostra economia è allo 'zero' mentre la Germania riesce a rimanere allo 0,7-0,8 per cento", ha aggiunto.

 

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