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Reddito di cittadinanza, l'allarme: "La metà ai lavoratori in nero, Sicilia tra le regioni più a rischio"

La regione più "a rischio" è la Calabria che, secondo gli ultimi dati disponibili (anno 2016), presenta 140.700 lavoratori in nero e un'incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4%, quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,1%). Segue la Campania con 372.600 unità e un Pil in "nero" dell'8,6%. Al terzo posto la Sicilia, con 303.700 irregolari e un peso dell'8,1%. Le realtà meno interessate dalla presenza dell'economia sommersa sono Friuli Venezia Giulia, con 56.400 irregolari e il 4,1% del Pil regionale; Lombardia, con 485.600 e 3,9%, Veneto con 197.600 lavoratori in nero e 3,8% del Pil regionale. Per il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo, "a causa dell'assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi.

Tuttavia vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un'attività lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un'ingente quantità di imposte, tasse e contributi previdenziali. In altre parole, l'Amministrazione pubblica, al netto delle misure di contrasto previste - conclude - sosterrà con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell'economia non osservata".

"Con la diffusione dell'economia sommersa - osserva il segretario della Cgia, Renato Mason - a rimetterci non è solo l'Erario, ma anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigiane e del commercio che spesso subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero infatti, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, assicurativi e agli oneri fiscali, consentono alle imprese dove prestano servizio, o a loro stessi, di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e conseguentemente di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Prestazioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non può offrire", conclude.

 

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