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Crescita, Italia fanalino di coda in Europa

L'Italia resta fanalino di coda in Europa per la crescita: nel 2018 è la più bassa dei 28 Paesi assieme a quella del Regno Unito, nel 2019 invece occupa da sola l'ultimo posto della classifica. È quanto emerge dalle previsioni economiche estive della Commissione Ue.

Per entrambi i Paesi il Pil 2018 crescerà solo dell'1,3%. Nel 2019 invece, mentre il Regno Unito rallenta a 1,2%, per l'Italia la frenata la porta all'1,1%. La crescita più alta nel 2018 è quella dell'Irlanda (5,6%), seguita da Malta (5,4%).

"I rischi al ribasso sulle prospettive di crescita sono diventati più prominenti di fronte a una riaccesa incertezza di politiche a livello globale e domestico": scrive ancora la Commissione Ue. "A livello interno, ogni riemergere di timori o incertezze sulle politiche economiche, e il possibile contagio dei tassi più alti sui costi di finanziamento delle imprese, possono peggiorare le condizioni del credito e zittire la domanda interna".

La Commissione Ue rivede dunque al ribasso le stime sul Pil dell'Italia: per il 2018 vengono limate a 1,3% (da 1,5% previsto a maggio) e nel 2019 a 1,1% (da 1,2% di maggio). "Sebbene l'economia italiana sia cresciuta di 0,3% nel primo trimestre 2018, solo poco meno del trimestre precedente, non è completamente sfuggita alla generale perdita di slancio delle economie avanzate", quindi "l'attuale ripresa dovrebbe indebolirsi ma proseguire al di sopra del potenziale", scrive Bruxelles.

"Mentre i consumi privati e gli inventari hanno continuato a sostenere l'espansione della produzione, deboli investimenti ed export sono stati un peso per la crescita", scrive ancora la Commissione, sottolineando come "la prospettiva breve termine del manifatturiero indica un indebolimento in arrivo".

"La domanda interna dovrebbe restare la principale motrice della crescita, di fronte a un ambiente esterno con maggiori sfide". Gli investimenti "dovrebbero aumentare, sostenuti da condizioni favorevoli del credito e incentivi fiscali, sebbene la volatilità del mercati, che riflette l'incertezza domestica e globale, dovrebbe rinviare alcune decisioni sugli investimenti nel breve termine".

Nel 2019, "il phase-out degli incentivi fiscali e l'aumento graduale dei tassi di interesse dovrebbe rallentare la crescita degli investimenti. L'aumento della spesa delle famiglie dovrebbe continuare alla luce dell'aumento degli stipendi e dell'occupazione. Ma i prezzi più alti del petrolio dovrebbero pesare" sugli stipendi netti e quindi "leggermente frenare i consumi privati".

Inoltre, "è improbabile che gli export netti diano un contributo positivo alla crescita a causa dell'impatto differito dell'apprezzamento dell'euro e della crescita moderata di alcuni dei principali partner commerciali dell'Italia".

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