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Il Mezzogiorno lancia l'allarme: "La Sicilia cresce meno di altre regioni"

"L’economia del Mezzogiorno e delle Isole, a distanza di tre anni dalla fine delle recessione, resta ancora imprigionata nelle maglie di un processo di rilancio troppo lento, non in grado di assicurare nel breve-medio termine il risanamento delle ferite causate dalla crisi. Continuando di questo passo – e supponendo un cammino con la stessa andatura del triennio 2015/2017 – occorreranno non meno di dieci anni per ritornare alle condizioni dell’anno precrisi, il 2007. E ciò, nonostante le recenti stime Istat indichino una crescita del Pil nel 2015/2016 del 2,4%, superiore al +1,8% del Centro/Nord. E malgrado che le analisi del Report Sud abbiano raffigurato il proseguimento nel 2017 della fase di recupero. Se tutto va bene e se le turbolenze che incombono sui mercati finanziari e sugli scambi internazionali non attiveranno shock inaspettati, dopo quasi un quarto di secolo – sette anni di crisi e tredici di ripresa – si ritornerà al punto di partenza. Per questo abbiamo voluto dare come titolo al Report Sud numero 34 “Mayday, mayday, il Sud lancia l’allarme”.

Lo ha affermato l’economista Pietro Busetta presentando l’analisi previsionale sull’economia del Mezzogiorno realizzata da Diste Consulting per Fondazione Curella, all’Università degli studi di Palermo. Ad illustrare il Report Sud numero 34, oltre al professore Pietro Busetta, docente dell’Università degli studi di Palermo e vice presidente della Fondazione Curella, Alessandro La Monica, presidente Diste Consulting, Sebastiano Bavetta e Antonio Purpura, economisti e docenti dell’Università degli studi di Palermo.

 

Dall’analisi sull’economia meridionale e insulare, compiuta con il supporto dell’indagine Diste/Fondazione Curella, si evince per il 2017 un tasso di crescita reale in moderata progressione, prossimo a +1,1%, più modesto del +1,6% del Centro/Nord.

Il ritorno del ciclo in territorio positivo e la rimozione di alcune rigidità del mercato del lavoro hanno impresso una spinta all’occupazione, aumentata l’anno scorso di 71 mila unità e nell’ultimo triennio di 266 mila. La performance ha coperto solo una parte del tracollo precedente: nel decennio 2007/2017 il sistema produttivo ha registra la scomparsa di 345 mila posti di lavoro.

Sul fronte occupazionale si è consolidata la presenza di lavoratori di età più matura, a scapito di quelli in piena età attiva, e la partecipazione delle donne a svantaggio degli uomini, mentre sono cresciuti gli impieghi a tempo parziale a danno del tempo pieno. Negli ultimi dieci anni gli occupati da 55 anni in su sono aumentati di circa 500 mila unità, principalmente per l’innalzamento delle aspettative di vita e dell’età pensionabile; sono diminuiti invece di 661 mila quelli in piena età attiva (25/54enni). Gli occupati d’età giovanile (15/24enni) si sono ridotti di 184 mila, sia per la crisi sia per il calo demografico e l’aumento dei livelli d’istruzione. Nel decennio le lavoratrici sono aumentate di 65 mila unità e i lavoratori diminuiti di 409 mila. La componente femminile ha trovato per la maggior parte sbocchi in attività dei servizi, con occupazioni precarie a tempo parziale.

“La cauta ripresa dell’economia – osserva Alessandro la Monica, presidente Diste consulting -  se ha prodotto un parallelo e lento recupero di occupati, sta determinando dal lato della disoccupazione una discesa discontinua e assai modesta, frenata anche dall’ingresso sul mercato del lavoro di soggetti inattivi, incoraggiati dalla percezione che siano aumentate le probabilità di trovare un impiego”.

Il tasso di disoccupazione ha mantenuto nel 2017 un livello (19,4%) non discosto da quello dell’anno precedente (19,6%), a sua volta sceso di 1,1 punti percentuali sul massimo storico del 2014. Il confronto rispetto a dieci anni prima mostra un ingrandimento di 8,4 punti percentuali, con peggioramenti estesi per genere e per classi di età.

Sul versante della domanda, i consumi delle famiglie - dei residenti e non residenti - hanno presentato un ritmo di crescita simile al precedente (+1,1%) sostenuti dalla discreta performance dell’occupazione. Tra gli 8,2 milioni di famiglie residenti, 700 mila famiglie costituite da circa 2 milioni di persone soffrono condizioni di povertà assoluta, con risorse insufficienti a garantire un livello di vita accettabile. Si tratta dei potenziali beneficiari del reddito d’inclusione, una pletora di indigenti in cui verranno selezionati quelli in regola con i requisiti per accedere ad un contributo economico di circa 500 euro per diciotto mesi rinnovabili per altri dodici.

Gli investimenti sono aumentati del 3%, incoraggiati dalle aspettative favorevoli sulla domanda, dalla politica monetaria accomodante, dalle condizioni di finanziamento tuttora convenienti. Gli investimenti in costruzioni hanno per contro stentato a prendere slancio (+1,6%), sorretti soprattutto dai lavori di ristrutturazione e da interventi di riqualificazione energetica. Hanno continuato a incontrare difficoltà le nuove costruzioni sia residenziali che economiche, compreso il comparto delle infrastrutture.

Dal lato della produzione, il contributo dei rami di attività è generalmente positivo, ad esclusione dell’agricoltura che ha scontato le conseguenze delle cattive condizioni climatiche (-2,6%). Il valore aggiunto industriale ha registrato un incremento dell’1,5%, conservando un livello più basso di 1/4 sul 2007. L’attività delle costruzioni, in aumento dell’1,3%, si è mantenuta di 1/3 inferiore a dieci anni prima. Il valore aggiunto prodotto dai servizi ha realizzato il quarto incremento consecutivo (+1,1%), avvicinando il traguardo del pieno recupero delle perdite precedenti: resta da riscattare meno del 3%.

 

Le proiezioni 2018. In base al profilo congiunturale del secondo semestre del 2017, le prospettive nel breve termine possono essere ritenute moderatamente favorevoli. Gli elementi di rischio al ribasso sono più che altro riconducibili ad accadimenti di natura geopolitica su scala internazionale. Quelli di rischio al rialzo sono connessi con una accelerazione della domanda e una ripartenza degli investimenti infrastrutturali più robuste di quanto ipotizzato. E’ in ogni caso da attendersi una forte volatilità sui mercati valutari e finanziari. Le proiezioni indicano il conseguimento di un tasso di crescita dell’1,3%, in avvicinamento alla dinamica dell’area centro settentrionale (+1,6%). Per l’occupazione si sconta un aumento di 64 mila unità (+1,0%), in decelerazione rispetto ai ritmi del triennio precedente, e un marginale alleggerimento del tasso di disoccupazione (18,9%). L’atteggiamento delle famiglie residenti riguardo alla spesa di consumo resterà prudente, riflettendosi in una progressione un po’ più modesta rispetto a quella del reddito disponibile. Ne conseguirà un innalzamento della propensione al risparmio. L’incremento dei consumi sul territorio economico (+1,2%) sarà sostenuto dalla spesa dei turisti, attesa in crescita ulteriore. Il miglioramento delle aspettative favorirà soprattutto gli investimenti in macchinari e attrezzature (+4,1%), che continueranno a beneficiare degli incentivi fiscali per le acquisizioni di tecnologie innovative. Per gli investimenti in costruzioni si stima un aumento del 2,3% principalmente sostenuto dalle ristrutturazione cui si assoceranno gradatamente nuove spinte provenienti dagli altri segmenti, tra cui i lavori pubblici.

Il recupero delle componenti di domanda asseconderà una intensificazione della produzione che coinvolgerà sia l’offerta di beni sia quella di servizi. L’industria assumerà un’impostazione espansiva, con un aumento del valore aggiunto dell’1,9%. Vi si affiancherà per il settore delle costruzioni un incremento del 2%, mentre i servizi concorreranno con un +1%. Per quanto riguarda il valore aggiunto prodotto dall’agricoltura, silvicoltura e pesca l’anno dovrebbe chiudersi con un parziale recupero (+2,6%) delle perdite subite nel biennio precedente.

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