ROMA. Il mercato del lavoro italiano è "in ripresa", tanto che, neppure arrivati a metà anno, si contano 729 mila posti in più. Ma la spinta viene dai contratti a tempo determinato che ormai hanno il sopravvento sulle assunzioni stabili, ridotte a un quarto del totale, lontano dai picchi raggiunti quando era attiva la decontribuzione piena.
La fotografia dell'Inps sui primi cinque mesi del 2017 non lascia dubbi, segnando una crescita del 23% per le nuove posizioni a tempo e un calo del 5,5% per quelle 'fisse'. L'istituto guidato da Tito Boeri coglie poi il boom del lavoro a chiamata (+116,8%), scelto, evidentemente, dalle imprese come alternativa ai vecchi voucher, cancellati a marzo.
Insomma c'è un discorso quantità e uno qualità. Il primo è positivo con un saldo tra contratti 'accesi' e 'spenti' superiore a quanto registrato nei due anni precedenti, considerando sempre il periodo che va da gennaio a maggio. Ma l'azionista di maggioranza del mercato del lavoro è il rapporto di lavoro flessibile.
Anche il dato annualizzato, spalmato sugli ultimi dodici mesi, lo dimostra: crescono di 21 mila i contratti indeterminati contro un'impennata di 428 mila per i tempi determinati. In tutto ciò scendono, seppure di poco, le stabilizzazioni. Il risultato "un'ulteriore riduzione dell'incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni" (25,9%).
E' lo stesso Inps, nel rapporto sul precariato, a far notare la distanza con le percentuali registrate nel 2015 (40,7%) quando gli sgravi sui nuovi contratti a tempo indeterminato erano totali. I licenziamenti intanto segnano una frenata. In generale, considerando sempre i primi cinque mesi dell'anno, scendono, mentre quelli disciplinari aumentano a un ritmo decisamente più lento. Buone notizie anche dalla cassa integrazione, che segna nuovi minimi, tornando ai livelli pre-crisi. Le ore complessivamente autorizzate a giugno sono infatti scese di oltre il 50% (il calo più forte per la cigs).
La Cisl però fa notare come ci sia lo zampino delle "restrizioni operate sugli ammortizzatori sociali", dovute anche alla "stretta" del Jobs act. Gli effetti si fanno sentire, spiega il sindacato, mentre "siamo ancora in attesa di un investimento di risorse sulle politiche attive". Sulla stessa linea la Uil, per cui è inoltre "assolutamente necessario" prevedere risorse per "incentivi strutturali, come la riduzione del cuneo contributivo".
Una strada per aiutare i giovani e i contratti a tempo indeterminato, riconosciuta dal governo che, in vista della prossima manovra, ha allo studio la misura. D'altra parte la leva del lavoro è indispensabile, come rimarca l'Upb, l'authority parlamentare di bilancio, che stimando un Pil per quest'anno oltre le attese (1,2-1,3%), denuncia anche come l'area di sottoccupazione resti "molto ampia". Tanto che, spiega, "sommando inattivi disposti a lavorare, disoccupati e lavoratori sottoutilizzati (800 mila) si raggiunge il 24,5% del bacino della forza lavoro".
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