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Benefici fiscali a chi fa pubblicità, previsto per le aziende un credito d’imposta pari al 75% 

Una boccata d’ossigeno per il mercato editoriale, ma anche un sostegno e una spinta per le aziende e i privati che investono in campagne promozionali sulla stampa, sulle radio e le tv del proprio territorio. Sono questi, a medio e lungo termine, gli obiettivi del provvedimento pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, che dispone nuovi benefici fiscali per gli investimenti pubblicitari «incrementali» effettuati su quotidiani, periodici ed emittenti televisive e radiofoniche locali.

Introdotto con un emendamento alla Manovra correttiva, approvata dalla Camera lo scorso 15 giugno e convertita nella legge numero 96, l’articolo 57-bis prevede, nel dettaglio, un credito d’imposta pari al 75% a decorrere dal 2018 per tutte «le imprese lavoratrici e i lavoratori autonomi» che effettuano investimenti pubblicitari incrementati, cioè superiori almeno dell’1 per cento rispetto a quelli «analoghi effettuati sugli stessi mezzi d’informazione nell’anno precedente».

Come funziona il sistema di sgravi

Fermo restando il tetto minimo dell’1% di incremento in spesa promozionale, il credito sale poi al 90% per le piccole, medie e micro imprese, e anche per le «start up innovative». Il tutto, «in un limite massimo complessivo di spesa», ossia un tetto entro cui far rientrare gli sgravi, che dovrà essere stabilito entro 120 giorni (a partire da oggi) attraverso un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri. Decreto che fisserà dunque il budget dell’intera operazione - i cui costi saranno attinti interamente dal Fondo per l’editoria - e il sistema di ripartizione degli sgravi fiscali tra gli investitori, ma anche, a monte, la suddivisione fra stampa ed emittenti radio e televisive delle quote di inserzioni da «premiare». Nel primo caso, è molto probabile che la ripartizione sia proporzionale al numero e alle richieste degli inserzionisti, ovviamente in base alla disponibilità complessiva delle risorse.

Criteri e procedure

Oltre alle modalità e ai criteri di attuazione, toccherà al decreto ministeriale stabilire anche i casi di esclusione, le procedure di concessione e di utilizzo del beneficio, nonché la documentazione necessaria per ottenerlo. E visto che il sistema di benefici fiscali scatterà di fatto dal 2018, il Cdm dovrà anche chiarire come sarà calcolato quell’1% in più di spesa promozionale nell’anno in corso rispetto al 2016, cioè se verrà preso in considerazione tutto il 2017 sul 2016, o soltanto gli ultimi sei mesi confrontati con il secondo semestre del 2016.

Una mano alle imprese

Quel che è certo, è che la manovra, nata da una proposta della Federazione italiana editori giornali (Fieg) e dell’associazione Utenti pubblicità (Upa), darà manforte alla domanda di pubblicità, dunque alle aziende che hanno bisogno di rilanciare o consolidare la propria attività sul mercato, e indirettamente anche ai giornali e all’emittenza locale, con ricadute positive per il tessuto socioeconomico territoriale. Anche perché, come detto, il credito d’imposta potrà essere richiesto non solo dalle imprese (a prescindere dalla forma giuridica) ma anche dai lavoratori autonomi, compresi i professionisti senza Albo. Per questi ultimi, a seguito delle liberalizzazioni degli anni scorsi, è ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente oggetto l’attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni e i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.

Risorse per progetti innovativi

Ovviamente, il credito d’imposta, come molti altri sgravi fiscali, può essere utilizzato esclusivamente nella modalità di «compensazione», cioè decurtato da altre imposte in fase di dichiarazioni dei redditi. Va precisato, infine, che nell’emendamento alla Manovra c’è anche un’altra misura di sostegno all’editoria, che prevede ogni anno un bando per l’assegnazione di risorse a imprese editrici di nuova costituzione, con l’obiettivo di «favorire la realizzazione di progetti innovativi, anche con lo scopo di rimuovere stili di comunicazione sessisti e lesivi dell’identità femminile e idonei a promuovere la più ampia fruibilità di contenuti multimediali e la maggiore diffusione dell’uso delle tecnologie digitali».

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