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Nocellara del Belice, la rogna dell'olivo attacca le colture

PALERMO. Non bastasse l’annata di magra appena passata, inizia a serpeggiare tra gli olivicoltori della Valle del Belice l’emergenza «rogna dell’olivo», che sta attaccando un numero sempre maggiore di coltivazioni della Nocellara Dop, nel triangolo Castelvetrano-Campobello di Mazara-Partanna. Un pericolo conosciuto, quello relativo al batterio scientificamente denominato «Pseudomonas savastanoi», che però secondo gli operatori del settore sta assumendo contorni preoccupanti, tanto da portare molti imprenditori agricoli ad affollare un’assemblea sul tema, che si è tenuta ieri pomeriggio a Castelvetrano.

Le voci raccolte durante l’incontro, presenti alcuni esperti, testimoniano una criticità sempre crescente, soprattutto in termini quantitativi e non tanto di qualità, cui i tradizionali rimedi non riescono a fare fronte efficacemente. Le difficoltà sul versante produttivo sono state testimoniate da Francesco Lombardo, responsabile della Geolive Belice, che tiene a sottolineare come «negli ultimi anni il problema della rogna olivicola è venuto fuori in modo sempre più vasto, maggiormente nel settore delle olive da mensa, ed è arrivato ora il momento di affrontarlo e risolverlo, con un’azione mirata di informazione».

Ma se dal confronto tra gli operatori del settore (organizzato dall'Agribios La Vela) è venuto fuori un quadro così negativo, c’è da dire però che il futuro lascia spazio alla speranza, riguardo alle tecniche ed ai prodotti da utilizzare nella lotta contro il batterio incriminato. Infatti, dai recenti studi portati avanti sul campo, anche con l’ausilio di collaboratori del Cnr (Centro nazionale ricerche), si è potuto appurare quanto nella lotta alla rogna dell’olivo oltre all’uso del rame siano ormai da affiancare trattamenti specifici a base di zinco, con l’aggiunta chimica di idracido ed acido citrico.

Applicazioni queste - di origine israeliana - che indurrebbero maggiore resistenza nelle piante e che sono state messe in pratica con successo per tre stagioni di seguito su un campo infetto nelle vicinanze di Firenze. Su tali esperimenti, e sui metodi utili per debellare la rogna dell'olivo, ha quindi incentrato la sua relazione nel corso dello stesso incontro Graziano Sani, collaboratore tecnico del Cnr Ivalsa (Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree): «Stando ai risultati ottenuti utilizzando questi nuovi prodotti possiamo smentire l'assunto secondo cui “chi ha la rogna se la tiene”.

Certo, non tutte le varietà di ulivi sono sensibili al batterio, la Nocellara purtroppo sì, ma con degli accorgimenti mirati si può affrontare il contagio: ad esempio prima di ogni intervento specifico bisogna operare una potatura di risanamento delle piante, sfoltendo buona parte della chioma, e bisogna decompattare per bene il terreno e preferibilmente utilizzare dei concimi organici. Così via via i trattamenti si fanno meno aggressivi, fino a che la vita della pianta riprenda normalmente». È quindi l’agronomo Francesco La Croce a spiegare come si diffonde la rogna dell'olivo: «Laddove c'è un comprensorio iperspecializzato in una determinata coltura, come la Valle del Belice lo è nella coltivazione della Nocellara, le piante diventano sede privilegiata per la trasmissione di parassiti». La Croce, conferma che «è sul prodotto da tavola che la malattia può provocare maggiori danni.

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