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Alto indice di mortalità, Blangiardo: ma non è solo lo smog a uccidere

ROMA. Un'ecatombe consegnata alla cronaca - e alla grande storia demografica italiana - dall'Istat. Ma lo smog non c'entra, o comunque non è la spina principale. Insomma, «il rialzo eccessivo della mortalità non si spiega con un'unica causa e l'anello di congiunzione fra l'incremento di 68 mila morti registrato nei primi otto mesi dell'anno in corso, e l'allarme inquinamento, non è in linea teorica più forte di altri e nella prassi il suo peso reale è difficile, se non impossibile allo stato attuale, da quantificare». Parole di Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Demografia all'Università di Milano Bicocca.

Il docente, quella statistica dell'Istat l'ha glossata e argomentata, fino a ritrovarsi coinvolto suo malgrado - “complice” la citazione del suo studio nel blog di Beppe Grillo e nelle dichiarazioni del segretario leghista Matteo Salvini - nella bagarre politica e negli attacchi dei due leader, rispettivamente, al governo Renzi e al sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

Governo colpevole, si legge nel blog pentastellato, «di migliaia di morti in tempo di pace» e di snobbare l'inquinamento come causa diretta dell'impennata di decessi. Blangiardo ha replicato, corretto e precisato che, «per carità, lo smog è soltanto una delle concause potenziali, e neppure la più rilevante, con ogni probabilità. Le altre sono strutturali o anch'esse di carattere contingente – spiega Blangiardo – e mi riferisco all'altissima età media degli italiani come alla maggiore cautela nell'accesso alle cure sanitarie a pagamento, dettata dai tagli al sistema sanitario nazionale. E, non ultima, alla confusione delle notizie sulla pericolosità delle vaccinazioni, che ha eposto a maggiori rischi la popolazione anziana».

Grillo ha posto il fuoco su una porzione trascurabile del problema? Malinteso poco scientifico o, in termini crudi, uso politico dei dati?
«Lo studio è stato letto sicuramente in chiave diversa da quella consigliata dalla completezza scientifica. Ciò non significa che Grillo abbia manipolato o sia in ipotesi completamente dalla parte del torto, poiché l'inquinamento è un problema reale e l'ultimo vertice di Parigi sulle emissioni di gas a effetto serra ne è prova. Lo smog, semplicemente, non è al centro della ricerca, che è di carattere storico e statistico-demografico. Resta il fatto: da gennaio ad agosto l'aumento di decessi ha portata epocale, una cosa del genere non si registrava dal 1943 e, prima, dai postumi del primo conflitto mondiale (1918-1919) e dai dolorosi ricordi dell'epidemia di spagnola. Significa un incremento dell'11% su base annua, e l'anno non è ancora finito per la statistica. Ma le cause che io prenderei in esame sono altre».

Quali?
«Diverse e molteplici. E si sommano. Intanto, l'invecchiamento della popolazione, considerando anche il fatto che il 2013 e il 2014 erano stati troppo... clementi in fatto di mortalità. Il perché può essere legato a un congiunturale effetto di “rimbalzo tecnico”, cioè una sorta di rinvio ai primi mesi del 2015 di decessi che sarebbero potuti avvenire un po' prima. Un po’ come accade con i contraccolpi finanziari nelle borse. Poi, inutile nasconderlo, pesa la crisi del servizio sanitario nazionale, sottoposto a tagli molto concreti che hanno sottratto ulteriori possibilità ai meno abbienti o, quantomeno, suggerito loro, spesso, di rimandare le cure. E fra i meno abbienti, si sa, ci sono moltissimi anziani. Ancora, non sottovaluterei la bagarre assolutamente impropria sulla presunta pericolosità delle vaccinazioni, di certo esasperata da alcuni media. Un allarmismo eccessivo che ha esposto a rischi, ancora, i più anziani e sofferenti: se per me o per lei un'influenza è poca cosa, lo stesso non può dirsi per chi è molto avanti negli anni».

Quali, se è possibile circoscriverle, le aree del Paese più a rischio? E i periodi dell'anno più letali?
«Questo è il punto: non esistono aree geografiche o inserite in particolari contesti produttivi che, in termini generali, risultino più esposte di altre. La Sicilia, per esempio, registra un incremento del 9%, inferiore ma non troppo al dato medio nazionale. Stiamo parlando del picco più alto della storia, in condizioni di pace e in assenza di eventi naturali catastrofici. I mesi dell'anno con più morti sono contrassegnati anch'essi da una certa relatività. I mesi più caldi e quelli più freddi fanno registrare punte rilevanti, e il 2015 ha conosciuto finora un solo mese di tregua: maggio».

Nel mondo la popolazione cresce costantemente. Quando, e come, un equilibrio che non metta a rischio benessere e persino sopravvivenza?
«Cito le previsioni Onu. Oggi siamo a quota 7,3 miliardi, l'idea di fondo è la possibilità concreta che si arrivi a stabilizzarsi sui 9-10 miliadi nell'arco di 4-6 decenni. Mezzo secolo. Le nascite sono diminuite ovunque, compresa la zona più critica, quella dell'Africa subsahariana. Due figli per donna è il concetto cardine e alla portata. Ma l'obiettivo va ragggiunto con gradualità, senza imporre i nostri modelli e insistendo sulle politiche di cooperazione e di miglioramento delle condizioni delle donne. Un po' come dover fermare un'auto in corsa: non si può frenare di botto. O va tutto in malora».

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