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L'esplosione della "bolla cinese" affossa i mercati: Milano perde e si teme per crescita europea

Molto male tutti i settori, segno che la debolezza è strutturale del mercato, con alcune blue chip che comunque hanno pagato moto duramente

MILANO. Affossata dall'esplosione della 'bolla cinese' è stata una giornata pesantissima per la Borsa di Milano, in linea con le altre piazze europee: l'indice Ftse Mib ha chiuso in perdita del 5,96% a 20.450 punti, l'Ftse All share in calo del 5,70% a quota 22.046.

La tempesta cinese si abbatte sulle due sponde dell'Atlantico. E dopo i mercati, minaccia anche la crescita europea e la politica monetaria della Fed, senza risparmiare l'euro e il dollaro. La frenata della Cina si abbatte su tutti i settori, soprattutto quelli che più hanno finora beneficiato dell'appetito cinese per i beni di lusso, dai tecnologici alle auto. General Motors e Volkswagen hanno
ridotto, per la prima volta, dai massimi la loro produzione in Cina. Nei primi sei mesi dell'anno il tasso di utilizzazione delle 23 maggiori fabbriche automobilistiche straniere è sceso per la prima volta sotto il 100% al 94,3% dal 107,4% dello stesso periodo dello scorso anno.

Per gli Stati Uniti l'impatto più forte del ciclone Pechino potrebbe essere lo slittamento del primo rialzo dei tassi da parte della Fed dal 2006. Intanto un beneficio la Cina lo ha portato: frenare l'apprezzamento del dollaro, sceso oggi ai minimi da sette mesi nei confronti dell'euro. Le tensioni sui mercati e il rallentamento del Dragone potrebbero costringere la banca centrale americana ad attendere prima di ritoccare il costo del denaro. La Casa Bianca non commenta su quello che dovrebbe o non dovrebbe fare la Fed, che è «indipendente». Ma vigila sugli effetti della Cina sui mercati e preme affinchè Pechino aumenti la flessibilità dei tassi di cambio più
velocemente. La volatilità dei mercati - afferma la Casa Bianca - si presenta davanti a un'economia americana più resistente: «non ci sono dubbi sul fatto che sia più forte di quanto non lo fosse nel 2008».

Gli analisti vedono allontanarsi, quasi dissiparsi, l'ipotesi di una stretta a settembre. Barclays la rimanda a marzo 2016, mentre altri osservatori guardano a dicembre. Ad invitare la Fed ad aspettare è Lawrence Summers, l'ex segretario al Tesoro e uno dei candidati per la guida della Fed prima che venisse scelta Janet Yellen. In un'intervento sul Financial Times, Summers ritiene che una stretta quest'anno sarebbe un  «pericoloso errore» che «metterebbe a rischio gli obiettivi della Fed, la stabilità dei prezzi, la piena occupazione e la stabilità finanziaria».

L'Europa teme invece maggiormente gli effetti sulla  crescita. La frenata cinese potrebbe tradursi in un calo delladomanda per i beni 'Made in Europè e se l'euro continuerà a  guadagnare terreno il rischio è quello di un ulteriore colpo alle esportazioni. Finora con le attese di una stretta della Fed a settembre e le difficoltà della Grecia, la moneta unica ha  perso terreno nei confronti del dollaro rendendo i beni europei più economici. Se il trend dovesse continuare il rischio è che l'euro forte rallenti ulteriormente una ripresa già lenta, sostenuta però dai bassi prezzi del petrolio. In ogni caso Francois Hollande e Angela Merkel intanto rassicurano. la Cina -
dice Hollande - «ha tutte le capacità per assicurare la sua stabilità e la sua crescita». Fa eco Merkel: «la Cina farà tutto per stabilizzare la sua situazione».

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