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Sobrietà e qualità, quei due concetti che ci ha insegnato il portafogli in rosso

PALERMO. Non è tutto negativo quello che ci ha lasciato in dote la lunga ed ininterrotta crisi degli ultimi anni; c'è una new entry nella società italiana. Si chiama sobrietà. Certo, si potrà dire che è una sobrietà obbligata dalla minore disponibilità di reddito, ed in una certa misura è vero. C'è però un cambiamento anche qualitativo nei consumi, che induce a considerare pure il bicchiere mezzo pieno.
Guardiamo ad esempio ai consumi alimentari; indubbiamente il loro peso sulla spesa delle famiglie è decisamente calato. Tuttavia è positivo che la contrazione dei consumi alimentari non sia avvenuta in maniera lineare ma piuttosto selettiva. Negli ultimi dieci anni, rileva il Sole 24 Ore, sono decisamente diminuiti i consumi di carni, bevande, succhi e formaggi, mentre sono sensibilmente aumentati i consumi di frutta, verdura, pesce, pane e cereali, con benefici di tipo salutistico. Insomma, il tripudio della dieta mediterranea.
Anche sul fronte dei consumi non alimentari, le riduzioni non sono state lineari; flettono le spese per i trasporti, per l'abbigliamento, le calzature ed i mobili, mentre si impennano le spese per l' abitazione ed i servizi sanitari a pagamento.
Ma vediamo qualche numero. I consumi alimentari rappresentavano dieci anni fa il 22% della spesa familiare, mentre oggi incidono per il 17%. Conseguentemente sono i consumi non alimentari ad assorbire la fetta più rilevante della spesa delle famiglie con l' 83% del totale.
Ancora più curioso è il modo in cui si distribuisce la spesa all' interno dei due grandi aggregati. Nell' ambito dei consumi alimentari, ad esempio, tendono a scomparire, le acque minerali, le bevande alcoliche ed i succhi di frutta. Dieci anni fa incidevano per il 9%, oggi siamo al 4%. Analogamente, il consumo di frutta e verdura si portava via il 17% della spesa ed ora supera il 22%.
Ma gli effetti più vistosi si registrano nella voce casa e bollette (acqua ed elettricità). Qui siamo passati dal 31% della spesa non alimentare al 44%. Secondo stime di Confcommercio la spesa per bollette, affitti e manutenzioni è cresciuta in dieci anni del 127%. Così come, nello stesso arco di tempo, la spesa per combustibili ed energia è passata dal 6% della spesa non alimentare al 14%.
Questi valori vanno però integrati con alcune considerazioni. Intanto per motivi di calcolo, i dati non tengono conto delle sensibili riduzioni dei canoni di locazione intervenute negli ultimi anni. Ne vedremo gli effetti nel futuro prossimo. Inoltre, sulla crescente incidenza della voce manutenzione pesa sensibilmente l' incentivo statale per la detrazione, dal 50% al 65%, delle spese manutentive, che tanto gli italiani mostrano di apprezzare.
In ogni caso il peso crescente della voce «casa» sulla spesa delle famiglie, non fa desistere gli italiani dal loro amore viscerale per la casa in proprietà. Crisi o non crisi, complici anche i tassi di interesse sempre molto bassi, la quota di affittuari è passata dal 25% al 18%, anche a costo di sacrificare qualche cosa in termini di ampiezza: negli anni Novanta si acquistavano case con una superficie variabile 95-98 metri quadrati, mentre oggi ci si accontenta di una superficie media di 80-85 metri quadrati.
A ben vedere i dati sui consumi riflettono i profondi cambiamenti intervenuti nella società italiana, per effetto della crisi ma non solo. Il Paese invecchia, sottolinea il Sole 24 Ore, la famiglia si restringe ed il reddito si assottiglia. Insomma, lo spostamento in avanti della vita media, l' aumento conseguente di vedovi e vedove, la tendenza a fare famiglia da soli, hanno ricadute non da poco sullo spettro dei consumi. Anche la diffusione di internet e l' espansione della grande distribuzione, hanno determinato una virata nelle abitudini familiari e non a caso prendono piede modelli di consumo sconosciuti fino a pochi anni fa, come i cibi pronti e confezionati e (cosa che farebbe inorridire le nostre nonne) l' insalata già lavata. Nei primi anni Duemila si contavano 86 mila esercizi commerciali, mentre oggi con la chiusura di 26 mila piccoli esercizi e l' apertura di 7 mila iper e discount, la mappa è profondamente cambiata verso un modello di consumo ipersegmentato, dove ognuno può trovare il prodotto su misura per i propri gusti.
Sono tanti i segnali di una fine della crisi; tra questi anche i consumi ed il loro trend. Dopo anni di calo, la spesa mensile delle famiglie segnala una prima inversione di tendenza, con una crescita dello 0,7% rispetto al 2013.
Restano infine le consuete differenze territoriali nella spesa media delle famiglie tra Centro -Nord e Mezzogiorno; i valori di spesa più alti si registrano nel Trentino dove si supera la media mensile di 3.073 euro ed in Emilia Romagna (2.883 euro), mentre i livelli più bassi sono appannaggio della Calabria (1.754 euro) e purtroppo della Sicilia (1.779 euro).
Ma non preoccupa solo il fatto che la Sicilia sia la penultima regione italiana per livello di consumi; preoccupa ancor più che il fenomeno si aggrava negli anni. Prima della crisi, la spesa di una famiglia siciliana era sui 2.047 euro mentre oggi, come si è detto siamo scesi a 1.779 (-15%). Ed il futuro prossimo non promette nulla di buono.

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