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Una stalla su 5 ha chiuso: 32mila disoccupati, sale il prezzo del latte

I dati emergono da un dossier presentato dall'associazione degli allevatori. Dalla produzione al consumo il costo si quadruplica

 ROMA. Il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 328 per cento esploso nell'ultimo anno per il taglio del 20% nel compenso riconosciuto agli allevatori mentre il prezzo al consumo addirittura aumenta.

È quanto emerge dal dossier «L'attacco alle stalle italiane» presentato dalla Coldiretti in occasione della manifestazione di maximungitura organizzata nelle piazze italiane.

Sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea, il latte viene pagato agli allevatori in media 0,35 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20% rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno.

In altre parole - spiega la Coldiretti - gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar, mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. Ma soprattutto il prezzo riconosciuto agli allevatori - sottolinea Coldiretti - non copre neanche i costi per l'alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura di una media di 4 stalle al giorno con effetti sull'occupazione, sull'economia, sull'ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani.

Un'accelerazione favorita - conclude Coldiretti - anche dall'embargo deciso dalla Russia ai prodotti agroalimentari europei che «oltre a penalizzare direttamente le esportazioni dei formaggi tipici Made in Italy, sta facendo arrivare in Italia il latte che gli altri Paesi Europei prima esportavano nel paese di Putin».

Dall'inizio della crisi è stata chiusa una stalla italiana su cinque, con la perdita di 32mila posti di lavoro e «il rischio concreto della scomparsa del latte italiano e dei prestigiosi formaggi made in Italy, con effetti drammatici anche sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale».

«Una dimostrazione concreta di sostegno agli allevatori italiani - dice Coldiretti - sotto attacco del furto di valore che vede sottopagato il latte alla stalla».

In Italia le 36.000 stalle sopravvissute hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte, mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente: per ogni milione di quintale di latte importato in più - denuncia la Coldiretti - scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura.

 Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri - aggiunge l'organizzazione agricola - mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, soprattutto i Paesi dell'Est Europa, «ma nessuno lo sa perchè non è obbligatorio riportarlo in etichetta».  E la situazione per le stalle italiane rischia di precipitare nel 2015 - continua Coldiretti - con il prezzo riconosciuto agli allevatori che non copre neanche i costi di produzione e spinge verso la chiusura migliaia di allevamenti che, a breve, dovranno confrontarsi anche con la fine del regime delle quote latte.

L'impatto negativo della scomparsa delle stalle italiane è però anche sulla sicurezza alimentare - osserva Coldiretti -. Nell'ultimo anno hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell'intera produzione italiana. «Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa - sottolinea l'organizzazione agricola - che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità».

Difendere il latte italiano - sottolinea Coldiretti - significa difendere un sistema che garantisce 180mila posti di lavoro, ma anche una ricchezza economica di 28 miliardi di euro, pari al 10 per cento dell'agroalimentare italiano. La chiusura di una stalla - osserva Coldiretti - è anche un danno per l'ambiente, con il 53 per cento degli allevamenti italiani che «svolge un ruolo insostituibile di presidio del territorio».

«Stiamo perdendo un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all'economia all'ambiente e alla salute», afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare che «l'invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive».

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