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Mandarino siciliano è il più amato: tutti pazzi per Cleopatra e Avana

Frutto piccolino ma succoso, è anche molto versatile, reclamato in molte ricette dalla pasticceria al salato: è impiegato per la produzione di marmellate, gelatine dolci, caramelle morbide e canditi

MILANO. «Il mandarino siciliano? Il più amato in Europa, per dolcezza e profumi», parola di Alessandro Chiarelli, presidente Coldiretti Sicilia. «I dati statistici parlano chiaro. Sebbene la Spagna ci superi per produzione, i mandarini siciliani sono i più ricercati».

Cleopatra e Avana sono le varietà più diffuse. E poi i Tardivi di Ciaculli, tipicamente nostrani, il cui nome deriva per l'appunto dalla omonima frazione palermitana, dove è stato scoperto, dall’«eccezionale peculiarità di gusto e dal periodo di maturazione posticipata rispetto a quello degli altri mandarini».
Nella scorsa annata 2014, i dati mostrano più di 5 mila ettari in Sicilia per una produzione di oltre 610 mila quintali. Quello che fa paura, è la tendenza a modificare il frutto originario per soddisfare i palati più moderni e di cui quello «senza semi» pare essere il più in auge a scapito della tradizione. «Negli ultimi anni, sebbene la Spagna abbia fatto grandi investimenti sulle cultivar affinché il frutto fosse perfetto nella forma e sembrasse più appetibile, di fatto in questione di gusto è migliore il nostro».

La scarsa informazione, però, porta a una ingiusta considerazione di questo prodotto semplicemente eccellente: il gusto più accentuato, più netto e determinato, gli conferisce unicità e peculiarità, nonché un aroma inconfondibile. «Frutto leggermente più piccolino ma notevolmente succoso, il mandarino siciliano è il più versatile». Nascono, così, gelatine deliziose, caramelle morbide e canditi, senza perdere profumo e proprietà. «Dalla pasticceria alla spremuta, passando per il salato».

Mai stucchevole, il mandarino siciliano usato in questo modo potrebbe evitare l'uso di zuccheri raffinati perché conferisce dolcezza naturale, ottimo per i grandi ma anche per i piccini, che si avvicinerebbero così alla frutta. «Bisogna stare accorti a modificare le cultivar, reimpiantando o reinnestando su migliaia di ettari quelle più apprezzate dai mercati. Ma attenzione: non sempre i più belli sono i più buoni. Purtroppo l'agroalimentare soffre il fascino del "più". Invece bisogna concentrarsi sulla qualità».

Se la Coldiretti è decisa su questa posizione, i produttori fanno i conti con la crisi e con un mercato sempre più in calo. E poco importa se la differenza la fanno la gradevolezza del gusto, la succosità e la carnosità, elementi distintivi dei prodotti della nostra isola. «Oggi si cerca il prodotto perfetto, bello, lucido, colorato. Indipendentemente dalla provenienza e dal sapore», dice Paolo Marcenò della cooperativa Valle dell'Oreto di Palermo. «Purtroppo il mandarino sta soffrendo, non solo economicamente ma anche dal punto di vista concorrenziale, in tutte le parti del mondo. In Sicilia ci sono costi alti per i troppi passaggi, superando le spese di gestione». I produttori così lamentano le spese elevate e i mercati generali che non remunerano per come dovrebbero un frutto semplicemente meraviglioso.

«Il prodotto estero costa meno e dura di più, soprattutto perché bloccano la maturazione e usano pesticidi, ma la qualità è decisamente inferiore rispetto al nostro. Il mandarino siciliano, infatti, si deteriora prima perché è più naturale, con conseguente eccellenza. Vincono i mandarini senza semi, purtroppo. È giusto - obietta infine Marcenò - rincorrere la moda dei mercati e andare in questa direzione?».

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