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Manovra, dalle imprese appello a Napolitano

PALERMO. «La finanziaria regionale conteneva pochi articoli in favore del mondo produttivo e dello sviluppo. E quel che c'era è stato impugnato dal Commissario dello Stato con la conseguenza di un danno incalcolabile per le imprese». È quanto emerso nel corso del «Tavolo permanente regionale per la crescita e lo sviluppo» che riunisce 11 associazioni di categoria regionali: Agci, Casartigiani, Cia, Claai, Cna, Confapi, Confartigianato, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria e Legacoop. «Il segnale che ne deriva - dicono i componenti del Tavolo - è uno solo: ancora una volta le imprese vengono penalizzate con il rischio che vengano fatte scappare le aziende già operanti nell'isola e bloccati gli investimenti futuri» e «La situazione economica è, infatti, disastrosa».  
A dirlo sono i numeri. In Sicilia il tasso di disoccupazione sfiora il 19% che arriva al 51,3% per i giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Nel 2012 il Pil regionale è sceso del 2,7%. I prestiti bancari sono diminuiti dello 0,8% ed è in aumento il numero di imprese non in grado di onorare i prestiti. «Di per sè - dice il coordinatore del Tavolo, Filippo Ribisi - l'economia dell'Isola soffre di una condizione di forte svantaggio strutturale. A questo si aggiunge un silenzio assordante da parte delle istituzioni che inermi sono sedute al capezzale del grande malato. L'impugnativa del Commissario dello Stato ha di fatto comportato conseguenze inaccettabili: i conflitti tra Stato e Regione non possono passare sopra il cadavere delle nostre imprese. La misura è colma e non tiene conto delle esigenze del debole tessuto produttivo siciliano. Bisogna far arrivare questo grido di allarme al governo nazionale affinchè intervenga con una misura straordinaria per evitare che si verifichino ancora delle situazioni in cui le imprese vengano per l'ennesima volta massacrate».
La palla passa adesso a Roma. Le associazioni di categoria siciliane sono sul piede di guerra e si dicono pronte a scrivere al presidente del Consiglio, Enrico Letta, e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «C'è da interrogarsi - si chiedono i rappresentati delle imprese - su quanto un Commissario dello Stato possa entrare nel merito degli articoli di una legge finanziaria. Ma ciò che più grave - concludono - è che a pagare le conseguenze di questa incomprensione tra i vari poteri pubblici siano sempre e comunque migliaia di imprese e lavoratori».

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