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Dopo il boom, ipermercati in affanno in Sicilia

«Mercato saturo», dicono gli analisti. I «superstore» nell’Isola sono 29, concentrati nelle grandi città. La Regione: ora regolamentiamo

CATANIA. Nell'Isola, i «giganti» sono ventinove: cinque ipermercati con superficie di vendita superiore agli 8 mila metri quadrati, sette al di sopra dei 4 mila 500, diciassette «superstore tra 2 mila 500 e 4 mila 500 metri quadrati. In percentuale - rispetto al totale della distribuzione organizzata che comprende pure i più «piccoli» supermercati, discount e cash & carry - la Sicilia dei «grandi» centri commerciali è al di sotto delle medie nazionali: 0.5 qui, 1.5 in Italia. Eppure, i segnali di difficoltà sono evidenti, tanto da impegnare le organizzazioni sindacali in difficili vertenze, a Catania e Siracusa soprattutto. «Mercato saturo», dicono alcuni analisti. Altri aggiungono: «La Sicilia non è un territorio totalmente saturo, ma lo è il mercato nei grandi comuni dove s'è concentrata nel tempo la grande distribuzione. Qui, negli ultimi 10 anni, la superficie di vendita è cresciuta di oltre il 60 per cento. La crisi economica e dei consumi ha contribuito a rendere la concorrenza ancora più difficile».
Vittorio Messina, presidente regionale di Confesercenti, avverte: «Siamo di fronte a un'inversione di tendenza. Gli ipermercati hanno vissuto il loro boom, ma adesso sono in declino. Negli Stati Uniti, dove il fenomeno era nato, tutto ciò è molto evidente». Dopo la lunga stagione della crescita indiscriminata, in Sicilia è tempo di «cannibalismo» tra strutture della distribuzione: «Prima - commenta Messina - i grossi mangiavano i piccoli, ora si stanno divorando tra loro». «Tutta colpa di anni di assoluta deregulation in cui ogni sindaco, anche del più piccolo comune, ha consentito nuove aperture senza tenere conto delle esigenze complessive del territorio», esclama l'assessore regionale Linda Vancheri. Lei, adesso, vuole correre ai ripari: «La prossima settimana la Giunta approverà e trasmetterà all'Ars il Testo unico sulle Attività produttive con un Piano regionale, al quale tutti gli enti locali dovranno adeguare il proprio Prg».
Sullo stato di salute dei centri commerciali, gli indicatori più eloquenti in Sicilia arrivano dalla terra d'Etna. Segnali in chiaroscuro, perché in questi mesi stanno faticosamente riaprendo gli ex «Aligrup», rilevati da «Coop» e altre società, ma soffrono il «Cash & Carry Metro» di Misterbianco - annunciati 49 esuberi su 120 addetti - e soprattutto gli «Auchan»: in contratto di solidarietà i dipendenti in servizio a San Giuseppe La Rena, mentre a Misterbianco sono già partite ventisette lettere di trasferimento con destinazione Brescia, Taranto, Bari. Solo pochi si sono visti proporre Palermo dove, intanto, «Auchan» annuncia di essere riuscita in ottobre a contrastare la flessione dei consumi alimentari con un «più 20 per cento» nella vendita di prodotti di sessanta aziende siciliane. Forse, i «colossi» non vanno più di moda nell'Isola ma il direttore di Confesercenti Catania, Salvo Politino, ricorda: «Su tutto, pesa la crisi che qui sta colpendo più forte le famiglie rispetto ad altre regioni. Tra gennaio e oggi, il potere d'acquisto è calato del 20, se non del 30 per cento. Lo abbiamo visto con i saldi. Ne risente pure la grande distribuzione, che ha rappresentato per un certo periodo una valvola di sfogo occupazionale. Senza voler parlare delle condizioni contrattuali imposte ai lavoratori, per nulla salvaguardati, possiamo certo affermare che quei centri non costituiscono il valore aggiunto ipotizzato da alcuni».

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