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Gli imprenditori del Nord: "Difficile fare impresa in Sicilia"

Lo sfogo del presidente dell'Erg Edoardo Garrone, che si è lamentato nelle difficoltà per il rigassificatore di Priolo: investiti 22 milioni di euro, ma ancora non c'è il via libera ai lavori

PALERMO. È difficile fare impresa in Sicilia. Lo dice amaramente il presidente del gruppo Erg, Edoardo Garrone, annunciando che se avesse immaginato le difficoltà incontrate per il rigassificatore di Priolo non avrebbe mai avviato l'investimento visto che dopo cinque anni e 22 milioni già spesi non c'è ancora il via libera ai lavori.  Lo conferma Ivan lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia dicendo che «se la Regione non ci aiuta, le imprese saranno costrette a cambiare la loro sede legale. L'amministrazione regionale si alimenta con le entrate fiscali, ma questa politica mortifica l'impresa e prende la strada del suicidio».



Il rischio per la Regione è quello di perdere un milione di entrate se davvero le imprese collocate nell'isola spostassero il loro quartier generale. In Sicilia, infatti, esiste una forma di federalismo che considerando l'anno di nascita dello Statuto, era molto avanzata.
Palazzo dei Normanni ottiene gran parte delle sue entrate (almeno dieci milioni su diciotto complessivi) dalla fiscalità generale: Iva, Irpef e Ires di cui si tiene l'intero gettito prodotto nell'isola. Un vantaggio rispetto a tutte le altre Regioni italiane, che dovrebbe spingere l'amministrazione a incentivare l'attività industriale. Se non altro per aumentare le sue entrate di bilancio.



Invece l'immobilismo. Solo la chiusura di Termini, a partire dall'anno prossimo costerà alla Regione almeno 200-250 milioni di minori entrate. E Lo Bello parla pure del rigassificatore di Priolo, il cui iter va avanti da sei anni. In effetti la situazione dell'impianto siracusano è assolutamente fuori dall'ordinario. Il progetto è stato presentato nel 2005 ma è ancora perso nei meandri della burocrazia regionale che non è riuscita a dare il via libera. «Io non capisco -aggiunge Garrone- perché non c'è mai una manifestazione in favore di nuovi investimenti». Spiega: «I sindacati, la classe politica, la comunità si mobilitano solamente quando c'è da protestare perché un'impresa annuncia la chiusura. Mai però quando un'azienda vuole avviare una nuova iniziativa creando lavoro e ricchezza».



Nonostante queste difficoltà la Erg non ha nessuna intenzione di abbandonare la Sicilia. «Ci siamo dal 1975 e ci resteremo» conferma Alessandro Garrone, amministratore delegato del gruppo petrolifero. Vuol dire un investimento medio di quaranta milioni l'anno. Ma fino a quando resisteranno? Il 49% della isab e delle altre raffinerie costiere è passato ai russi di Lukoil. Sul resto del capitale la famiglia Garrone detiene un put. Vuol dire un diritto a vendere che obbliga i soci moscoviti a comprare a prezzi prefissati.

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