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Il Nobel per la Medicina 2020 ai virologi che scoprirono il virus dell'epatite C

Nobel Committee member Patrik Ernfors sits in front of a screen displaying the winners of the 2020 Nobel Prize in Physiology or Medicine, (L-R) American Harvey Alter, Briton Michael Houghton and American Charles Rice, during a press conference at the Karolinska Institute in Stockholm, Sweden, on October 5, 2020. - Americans Harvey Alter and Charles Rice as well as Briton Michael Houghton win the 2020 Nobel Medicine Prize for the discovery of Hepatitis C virus. (Photo by Jonathan NACKSTRAND / AFP)

Il Nobel per la Medicina 2020 è andato ai virologi che per primi hanno saputo individuare un virus responsabile di una malattia fino a poco tempo fa incurabile, contribuendo così a salvare molte vite. I vincitori sono i virologi americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice e il britannico Michael Houghton.

La loro scoperta, rileva la Fondazione Nobel, "ha rivelato la causa di molti casi di epatite la cui origine non era ancora stata scoperta, aprendo la via alla possibilità di fare diagnosi attraverso l’analisi del sangue e mettere a punto farmaci che hanno salvato milioni di vite".

Prima delle ricerche di Alter, Rice e Houghton la causa della maggior parte delle epatiti era sconosciuta. Grazie al lavoro dei tre Nobel oggi sappiamo che l'epatite C è la causa principale di cirrosi epatica e tumore del fegato e il virus responsabile della malattia era sconosciuto. In precedenza erano state identificate le cause dell’epatite A, legate soprattutto alla trasmissione legata all’ingestione di acqua o cibi contaminati, e dell’epatite B, che si trasmette attraverso il sangue e il cui virus era stato scoperto negli anni '60 da Baruch Blumberg, premiato con il Nobel per la medicina nel 1976. Restavano però da identificare le cause di molti altri casi di epatite, apparentemente inspiegabili.

Alter è stato il primo a studiare queste forme misteriose di epatite e, mentre lavorava presso i national Institutes of Health (Nih) si accorse che il sangue dei pazienti colpiti dalla strana malattia era contagioso per gli scimpanzè e, approfondendo le ricerche è emerso che l’agente infettivo aveva le caratteristiche di un virus. Così è diventato chiaro che ci si trovava di fronte a una nuova forma di epatite e a sottolineare la sua natura, ancora poco chiara, si decide di chiamarla 'non A-non B'. La sfida era diventata allora riuscire a identificare il virus, ma nonostante gli sforzi di dieci anni di ricerche ogni tentativo era stato inutile. Le analisi genetiche condotte da Houghton nei laboratori dell’azienda farmaceutica Chiron hanno fornito il primo identikit genetico del virus, dimostrandone l’appartenenza alla famiglia dei Falvivirus: finalmente era possibile dagli un nome più definito e venne chiamato 'virus dell’epatite C'. A quel punto restava da capire se quel virus C scatenava l'epatite da solo e le tecniche di ingegneria genetica utilizzate da Rice presso la Washington University a St. Louis dimostrarono che bastava iniettare negli animali il materiale genetico del virus, ossia il suo Rna, per causare la malattia. A quel punto tutti i tasselli del puzzle erano a posto e la scoperta aveva aperto la strada alla diagnosi della malattia, per mezzo dell’analisi del sangue, e alla possibilità di mettere a punto delle cure, salvando milioni di vite. (ANSA).

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