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"Couscous, Koinè culturale dei popoli": un libro con le ricette dal mondo

È il piatto dei mille colori e delle mille lingue, con le ricette dei Paesi del Nordafrica che si scippano a vicenda semola, cipolla, montone, verdure. Ogni luogo ha il suo couscous, ogni trazzera, contrada, vicolo, quartiere ha il suo piatto. Ma tutti si riconoscono a vicenda. Insomma, il couscous è il piatto dell’amicizia, del volersi bene, dell’aiutare l’amico, il conoscente, il viandante sconosciuto con un boccone in più.

L’agronomo, storico dell’enogastronomia mediterranea e scrittore Mario Liberto ha deciso di racchiudere in un volume visioni e ricette: è nato così «Couscous. Koinè culturale dei popoli», con una prefazione di Giacomo Dugo, pubblicato da Kalòs e in distribuzione fino a metà settembre in edicola con il Giornale di Sicilia (costerà 6,70 euro più il prezzo del quotidiano).

«Il couscous è il piatto che ha favorito la koinè storica e gastronomica del “continente mediterraneo”, cultura cosmopolita e flessibile che si muove sposando e adattandosi alle esigenze minime dell’uomo», scrive Liberto che due anni fa ha già pubblicato con Kalòs, un bel volume sulla «Cucina dei Monsù nel regno delle Due Sicilie».

Partendo dalle terre del Maghreb per arrivare alle regioni costiere della penisola italiana, Liberto propone un vero e proprio itinerario «del couscous», in cui emergono per ogni territorio, le caratteristiche di questa singolare ricetta che si intrecciano a ingredienti differenti, legati soprattutto alla sacralità, alla socialità e convivialità che una preparazione di questo tipo presuppone.

Il couscous è la ricetta per tutti i gusti e per tutte le occasioni. Queste pagine raccontano i diversi modi di prepararlo e il risultato è un piatto unico che recupera una parte di storia della millenaria e multiculturale cucina mediterranea. È facile immaginare le tavole nel deserto, i deschi familiari sotto le tende dei beduini, i locali di Tunisi dove viene servito nelle terraglie multicolori su un unico piano di marmo per tutti gli avventori.

Il couscous è sacro e inviolabile, come l’amicizia, racconta un’economia scarna ma felice, cammina nelle bisacce dove di solito finisce anche una coucouscussiera di metallo; ha persino un fratello estivo, il classico tabbouleh che nasce in Libano e via mare arriva persino in Francia; e una sorella calda come il fuoco, che si allunga nel brodo di carne di montone . e che dire poi della ’ncocciata? Che è un’arte a parte, intimamente femminile, appartiene alle madri e passa alle figlie.

In un «diffa» (banchetto) nordafricano è l’ultimo ad essere servito ai matrimoni, e l’unico a finire sulla tavola per i funerali. Esiste persino un «couscous della puerpera» per farle recuperare le energie del parto; e una ricetta per le donne con problemi di fertilità, con 144 spezie diverse.

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