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È morto Giovanni Sartori, politologo e polemista

Giovanni Sartori

MILANO. Giovanni Sartori, morto a 92 anni, era nato a Firenze il 13 maggio 1924 e il suo essere fiorentino non lo ha mai nascosto: nei libri, nei dibattiti, negli editoriali sul Corriere della Sera e soprattutto davanti ai suoi studenti.

Diplomatosi al liceo classico nel 1942, fu chiamato alle armi dalla Repubblica di Salò, ma scelse di non rispondere passando gli ultimi anni della guerra nascosto in una stanza. Proprio a quel periodo lui ha sempre fatto risalire parte della sua preparazione (si laureò in Scienze politiche nel 1946): in un anno e mezzo spiegava di aver letto tutti i libri di filosofia che gli capitavano sotto mano. Letture che poi gli risultarono particolarmente utili quando iniziò ad insegnare, nel 1950, Storia della Filosofia moderna alla Facoltà 'Cesare Alfierì di Firenze. Erano gli anni in cui, nelle stesse stanze, iniziavano a insegnare anche Giovanni Spadolini, Alberto Predieri e Silvano Tosi. Un quartetto di docenti che fecero la fama della 'Cesare Alfierì, divenuta 'cullà della scienza della politica italiana proprio con loro.

Per molti Sartori è stato il massimo esperto italiano ed europeo, e uno dei più grandi a livello mondiale, di scienza della politica che con lui diventò anche Scienza accademica. Otto le lauree honoris causa di cui è stato insignito oltre al prestigioso Premio Principe delle Asturie, il 'Nobel' delle scienze sociali, assegnatogli nel 2005. Dal 1979 al 1994 ha ricoperto la prestigiosa cattedra Albert Schweitzer Professor in the Humanities alla Columbia University di cui era, come alla Cesare Alfieri, ancora professore emerito. Sartori è stato uno dei principali autori nel campo della Teoria della Democrazia, dei sistemi di partito e dell’ingegneria costituzionale nel mondo accademico internazionale.

Autore di moltissimi volumi, editorialista, in nessuna situazione ha mai nascosto la sua verve polemica: a lui si deve anche la definizione di Mattarellum e Porcellum. Fu uno dei più critici, ad esempio, quando negli anni '90 i partiti italiani entrarono in crisi per Tangentopoli, e negli ultimi anni hanno fatto rumore le sue idee sulla crisi demografica dell’Occidente, sull'immigrazione, sulle aperture all’Islam, temi sui quali era arrivato a polemizzare in modo pesante anche con i vertici della Chiesa, definendo «illusi» quanti pensano di poter integrare "pacificamente" la comunità musulmana, che non distingue il potere politico da quello religioso, con le democrazie occidentali.

Nel 1971 aveva fondato la Rivista italiana di scienza politica, mentre nei primi anni '90 cominciò la sua collaborazione come editorialista al Corriere. In realtà quello fu un 'ritornò, visto che in Via Solferino aveva collaborato durante la direzione dell’amico Spadolini, dal 1968 al 1972.

Sposato per due volte (la seconda nel 2013), lo scorso anno donò alla Biblioteca del Senato, che a lui ha dedicato una delle sue sale, un importante fondo librario. Nel suo testamento ha chiesto che non si tengano funerali, né religiosi né civili. La salma sarà tumulata nella cappella di famiglia nel cimitero delle Porte Sante di Firenze.

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