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Quel comune destino di civiltà e democrazia fra l’Italia e la Grecia

A Roma, al Palazzo del Quirinale, «Classicità ed Europa», 25 capolavori per raccontare cinque millenni. Qualche «pezzo» non aveva mai lasciato Atene

PALERMO. La stele è piccola e bianca ed emana un fascino eterno. È l'«Atena pensosa» (460 a.C.) in rilievo, la dea della guerra adesso disarmata, con il capo chino. Ha smesso di combattere.
È incastonata in un bellissimo pezzo di marmo pario, che per la prima volta esce dal Museo dell'Acropoli di Atene, la chiave di lettura della mostra «Classicità ed Europa. Il destino della Grecia e dell'Italia», organizzata da Comunicare Organizzando, al Palazzo del Quirinale fino al 15 luglio.
Provenienti dalla Grecia, e parte dalla Magna Grecia, sono in tutto venticinque i capolavori del percorso espositivo che copre oltre cinque millenni di storia: dalle testimonianze delle civiltà cicladica, minoica e micenea del III e II millennio a.C., alle opere della Grecia classica, fino alle moderne tele di Moralis e Parthenis. Si aggiungono, poi, le opere italiane scelte per evidenziare il ruolo del nostro Paese nella trasmissione del messaggio greco, dimostrando così che fu Roma a diffondere in Europa una visione del mondo imperniata sui valori di libertà e di democrazia che hanno fatto grande la civiltà ellenica.
Radici comuni e comune destino, insomma, tra la Grecia e l'Italia, ispirati a quelle istanze civilizzatrici che non a caso vengono riaffermate in un anno, il 2014, in cui le due patrie del mondo classico si dividono le presidenze di turno del Consiglio dell'Unione Europea.
E se più volte il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ribadito che il Quirinale è da intendere come la casa di tutti gli italiani, l'esposizione diventa così un'occasione unica per estendere l'invito a tutti quei coinquilini europei che condividano e facciano propri l'ideale di democrazia, nata con il famoso discorso di Pericle agli ateniesi nel 461 a.C., pilastro fondante di un'Europa in formazione e dai confini purtroppo lambiti ancora da disastrose guerre civili.
«L'Atena Pensosa è l'immagine del ripudio della guerra come risoluzione del conflitto- afferma il curatore Louis Godart-, ma insegna anche che non ci sono conquiste irreversibili e che ogni acquisizione del cuore e della mente deve essere difesa aspramente per poter sopravvivere, mentre Gruppo dei Tirannicidi ricorda che combattere la dittatura è un imperativo categorico per ogni cittadino». I due, Armodio e Aristogitone, infatti, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, accolgono il visitatore all'ingresso con gesti forti e perentori: il loro è messaggio di scioccante attualità e un prepotente quanto mirabile invito alla pace, ribadito anche nelle decorazioni del bellissimo «Cratere di Eufronio», che mostra l'altro volto della guerra, la morte.
L'esposizione, che custodisce anche il «Codice purpureo di Rossano» (VI secolo d.C.), una preziosissima pergamena, sfogliabile grazie alla fotoriproduzione, continua poi con una ricca sezione pittorica: tra le firme di Theotokopoulos detto «El Greco» e quella di Mattia Preti, si erge un melanconico «San Giovanni Battista» targato Caravaggio, inserito in quanto summa e, nel suo continuo vagare per il Mediterraneo, emblematico connubio tra le culture. «Non è un caso- specifica Godart- che sia l'inventore della pittura moderna. Il Caravaggio è qui per sottolineare quanto sia importante radicare le proprie opere nella storia, anche in quella personale». L'ingresso è gratuito. Dal prossimo 20 agosto la mostra sarà poi trasferita al National Museum di Atene.

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