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«Coefore-Eumenidi», a Siracusa antico e moderno si «baciano» in scena

Un cast di grandi nomi al Teatro Greco per il secondo e terzo capitolo del centenario delle rappresentazioni classiche dell’Istituto nazionale del dramma antico

PALERMO. Un monolite nero si staglia al centro del Teatro Greco di Siracusa: non siamo dinanzi a «2001 Odissea nello spazio», ma sul palcoscenico del secondo e terzo capitolo dell’Orestea del centenario, che debutta sabato e si alternerà con «Agamennone» e «Le Vespe» fino al 22 giugno. Visioni da Arthur Clarke e Stanley Kubrick, David Linch e Akira Kurosawa, sullo sfondo della scenografia imperiosa di Arnaldo Pomodoro: il regista di «Coefore/Eumenidi», Daniele Salvo ama il fuoco e la nebbia, la grandeur, usa il coro – seguendo Eschilo che qui disegna la nascita del primo tribunale popolare -, chiede aiuto alle musiche (di Marco Podda) e alle coreografie (di Alessio Maria Romano). E ad un cast di grandi nomi: Francesco Scianna è uno spaesato Oreste che, al fianco dell’amico Pilade (Marco Imparato), riconosce la sorella Elettra (Francesca Ciocchetti) e uccide la madre Clitennestra (Elisabetta Pozzi).
Al Teatro Greco ritornano Piera degli Esposti (un’Atena fuori dal comune), Paola Gassman (la Pizia) e, dopo lo straordinario successo del Tiresia dello scorso anno, Ugo Pagliai nel ruolo di Apollo. «Che di solito è un giovane aitante – ride l’attore -, io forse lo ero una volta. La cosa importante di “Coefore” non sta nel fatto estetico ma nel resoconto del primo processo pubblico, voluto da Atena, dove in verdetto verrà suggerito dai cittadini. Apollo è un maschilista: per lui la femmina custodisce l’embrione, ma è il maschio che procrea. E può anche farlo da solo, se è un dio, come per Atena nata dalla testa di Zeus». Il passaggio da Coefore ad Eumenidi si basa su un cambio di caratteri, personaggi e scene. «È il momento, breve ma molto intenso, della Pizia – interviene Paola Gassman - che introduce una nuova situazione che verrà poi riempita dalla furia delle Erinni, alla fine buone, Eumenidi. Ho costruito una profetessa rispettosa degli dei, ma travolta dal luogo profanato dalle Erinni. È un esempio di modernità, dentro abbiamo sempre qualcosa che non sappiamo comprendere, ieri erano le profezie, oggi fatti quotidiani da interpretare. Le tragedie classiche vanno all’essenza, al nucleo delle problematiche, raccontano grandi passioni e sentimenti che abbiamo dimenticato».
La Atena di Piera Degli Esposti sarà una statua d’oro che attirerà i flash, ma soprattutto una «donna di base capace di mediare e perdonare, somiglia a Nelson Mandela. Ho avviato un dialogo vero e proprio con la struttura scenografica di Pomodoro: sul monolite Atena avrà le caratteristiche della fermezza, anche dal punto di vista attoriale. Daniele Salvo possiede la capacità filmica di far baciare antico e moderno: è un regista che fa sì che il pubblico capisca, non è ermetico né intellettualistico, quello che fa appare subito, un fumetto di immediata comprensione». Francesco Scianna (Oreste) è al suo debutto al Teatro Greco, atteso con emozione. Come il suo primo impatto con la cavea. «Si respira magia, storia, sacralità, potenza, il rispetto che questo spazio ha e deve avere, ma poi diventa tutto più grande, e non ho ancora pensato al pubblico che ti osserva a 360 gradi – spiega l’attore siciliano che contemporaneamente sta girando “Latin Lover” di Cristina Comencini in Puglia -. Il mio Oreste è un adolescente che affronta un viaggio fuori e dentro di sé, mosso da varie ragioni. Inizialmente la paura degli oracoli, di essere divorato dalle Furie, poi la vendetta, le ragioni che hanno tolto al padre (e quindi a lui) il trono. È un giovane impaurito ma abitato sempre più dalla violenza; irrazionale, spesso inconsapevole, alterna fratture e momenti di lucidità, confonde il reale e i frutti della sua immaginazione, ha un continuo dialogo con se stesso e con il dio, di cui non è messa in discussione l’esistenza, piuttosto la veridicità. Sono rimasto sconvolto dall’universalità del testo che va alla radice dell’uomo, con i dubbi che sono anche i miei. Oreste alla fine delle Eumenidi, da figlio di re è diventato eroe, assolto dall’Aeropago, non ha più armi, non può rimproverarsi nulla, neanche l’uccisione della madre. Il suo dubbio lo rende differente dalla bestia».

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