Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

E' morto Gabriel Garcia Marquez

BUENOS AIRES. A pochi scrittori è toccata in vita la popolarità raggiunta da Gabriel Garcia Marquez, i cui titoli più famosi, da quello del suo capolavoro, 'Cent'anni di solitudine' a 'Cronaca di una morte annunciata', sono entrati nel bagaglio di tutti e parafrasati nell'uso comune. Tra tanti nomi di premi Nobel subito dimenticati, Marquez, morto oggi a Città del Messico a 87 anni, che vinse il premio nel 1982, ha invece conosciuto un crescendo di successo.  
Non è un caso, ma la conferma di come con lui la letteratura sudamericana abbia trovato la reale coscienza della propria identità, saldando la tradizione culturale europea con il mondo e la tradizione locale in modo nuovo, risolto. Quel modo che sarà all'origine del boom dei narratori latinoamericani nel mondo negli anni '60.
E l'emblema non può che essere l'esemplare realtà della sua fantastica Macondo, la provincia di fantasia creata dallo scrittore e in cui si svolgono quasi tutti i suoi racconti, riflettendo verità e storia della Colombia d'oggi (l'abbandono e solitudine un po' di tutto il Sudamerica), dal cuore, dai riti, dal sentire così antico e magico. Per anni giornalista di professione, Garcia Marquez è però con l'invenzione artistica, come sempre accade, che riesce davvero a rappresentare il senso di una condizione, di una realtà, verso la quale non è mai venuto meno il suo impegno ideologico e civile.
Nato a Aracataca nel 1928, Marquez ha frequentato a Bogotà la facoltà di giurisprudenza, già scrivendo e pubblicando su riviste i primi racconti, prima di arrivare al giornalismo, chiamato a Cartaghena per lavorare a 'El universal'. Nella capitale torna nel 1954 per collaborare a 'El Espectador' e l'anno dopo si reca in Europa, mentre esce il suo primo romanzo, 'Foglie morte'.
Un viaggio importante e in cui nasce, tra l'altro il forte legame con l'Italia e il nostro cinema, amato da sempre con quello francese, in opposizione alle produzioni americane. A
Roma frequenta il Centro Spe rimentale, conosce Zavattini e molti altri personaggi, come testimoniano le sue corrispondenze, ma anche un racconto intitolato 'La santa'. A Bogotà scriveva ''Una favola, girata pero' in un ambiente insolito, mescolando il reale e il fantastico in modo geniale, al punto che spesso non e' possibile sapere dove finisce l'uno e dove comincia l'altro'', non parlando, come potrebbe sembrare, della propria letteratura, ma recensendo 'Miracolo a Milano' di De Sica.
Al suo ritorno, a cominciare dal 1961, escono i primi romanzi importanti, preparatori di 'Cent'anni di solitudine'. La storia lunga un emblematico secolo della famiglia Buendia faticherà a trovare un editore e uscirà in Argentina nel 1967, dopo ''Nessuno scrive al colonnello'', ''Il funerale della Mama Grande'' e ''La mala ora''.
In essi, come poi ne 'L'autunno del patriarca' o il più apparentemente tradizionale 'Cronaca di una morte annunciata', appare evidente come la scrittura e la struttura del narrare di Marquez abbiano raggiunto una loro felice specificità, che si lega al contenuto stesso e alle sue fonti. Dietro restano tutte le grandi esperienze del romanzo americano e europeo del '900, da Faulkner, che con la sua Yoknapatawpha è il padrino di Macondo (oltre che di tutta la nuova letteratura latino americana), al monologo joyciano. Ad essi si aggiunge la tradizione barocca dei colonizzatori spagnoli, ma fusa con la cultura indigena in un gioco continuo di dissoluzione e rigenerazione, in un senso di morte che si intreccia con la vita e va oltre in una dimensione magica che intride ogni momento quotidiano, rivelandone poi alla fine la verita' al di la' del tempo.
La figura di Marquez non e' pero' legata solo alla sua attivita' letteraria e la sua notorieta' la ha sempre usata anche quale megafono per un un impegno in nome della liberta' e giustizia, valori spesso dimenticati dalle dittature sudamericane ma anche dai paesi del ''socialismo reale'', oltre che internazionalmente contro la pena di morte o per il disarmo. Amico di Fidel Castro, che ha definito ''uno dei grandi idealisti del nostro tempo'', ma cui ha sempre chiesto piu' democrazia, accanto a lui ha assistito all'Avana alla messa del
Papa durante la storica visita pontificia del 1998.
Anche per questo, tra tante polemiche, e' sempre vissuto piu' all'estero che nel proprio paese. Questo specie dopo che negli anni '80 fu pretestuosamente associato dai militari boliviani alle attivita' dei guerriglieri dell' M-19, voci riprese quando si adopero' attivamente per le trattative di pace, poi fallite, promosse dal presidente conservatore Betancur. Certi suoi discorsi, davanti a alte assise internazionali, sono rimasti celebri, assieme alla precisazione che il suo nemico principale era l'imperialismo americano solo perche', da latino americano, e' con esso che aveva diretta e quotidiana lotta.
Proprio come il suo Arcadio Buendia a Macondo invasa da una grande piantagione di banane statunitense. E allora 'Gabo', come lo hanno chiamato fan e amici, ha usato la letteratura quale mezzo per rompere la solitudine della sua gente.

Caricamento commenti

Commenta la notizia