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New York o Palermo, le città di Taravella

A Palazzo Sant’Elia si inaugura oggi «Fermo immagine», cinquanta opere del pittore siciliano: un’umanità vagante si agita tra caotiche cattedrali della modernità

PALERMO. «Umana industria sacra,/ Nel vortice m'esalto della lotta / Che lusinga e s'indraca/ E concrea e distrugge;/ Ma come dal fermaglio della scotta/ Più veemente vela al vento fugge,/ Vorrei che l'anima spaziasse/ Dall'urto incatenato del cimento». (Clemente Rebora, 1913).
Così appariva Milano al poeta Clemente Rebora agli inizi del Novecento, del secolo metropolitano, una città che sale, che si espande alla modernità dallo scontro di forze opposte che generano e distruggono, come in un primordiale big bang.
La stessa immagine la ritroviamo un secolo dopo nelle città dipinte da Croce Taravella, pittore metropolitano, la cui anima sprigiona dalle lotte segniche e cromatiche combattute sulle superfici delle sue tele. Oggi Palermo celebra il prolifero lavoro dell'artista con una mostra Fermo immagine allestita nelle sale del piano nobile di Palazzo Sant'Elia, curata dalla storica dell'arte Lea Mattarella. Più di cinquanta opere, dal 2009 al 2014, tracciano il percorso pittorico dell'artista, da una città all'altra del mondo, da una tela a una lastra di alluminio, attraverso il proliferare di ricordi come fugaci apparizioni che si susseguono in una lunga e intensa pellicola. Fermo immagine appunto vuole essere lo sfondo fisso di uno scorcio urbano dalle mille sfaccettature, denso di colore, graffiato e inciso, su cui compaiono e si agitano i volti racchiusi nei ricordi dell'artista, gli incontri con un'umanità vagante tra caotiche cattedrali della modernità. Sì, perché oltre agli spettacoli cromatici che esplodono dagli incontri di linee e superfici dei grattaceli di New York o dei ruderi della Vucciria di Palermo, a cui siamo avvezzi, adesso nell'immaginario di Taravella compare anche l'uomo. Immagini eteree eppure fortemente materiche disegnano volti, fisionomie cangianti che riempiono gli spazi urbani, le strade ma anche i cieli, senza dare peso alle proporzioni o alla prospettiva, come improvvisi bagliori, come un volto lontano o vicino che ritorna all'improvviso in mente. Adesso Taravella ci racconta non solo le sue città (Palermo, Roma, Milano, New York, Barcellona, Hong Kong) ma anche gli incontri con la gente delle città, incontri densi e sfuggenti come i ricordi, fortemente incisi sulla tela come sull'anima. Qui nei territori dell'inconscio e della memoria tutto si sovrappone e si mescola, come sulla tavolozza, e può capitare che due o tre città si fondano nello stesso quadro generando uno spiazzamento cosciente. Anche le tecniche e gli stili si sovrappongo in un crescendo che si accumula nel tempo, di esecuzione e di ricordo, agendo su superfici di volta in volta diverse, dalla tela trattata come una lastra di marmo, alla specchiante lucentezza delle lastre di alluminio incise, fino all'incontro sinergico tra fotografia e pittura sulle lastre di alluminio prestampato.
L'ultima sala della mostra è dedicata al sacro, che poco si discosta dal profano, alle apparizioni di Madonne nei cieli di Palermo, alle processioni nelle strade del centro storico, fino al progetto di affresco per la cattedrale di Noto, selezionato per la 54ª Biennale di Venezia. Tra personaggi che scorrono come in un debordante flusso di memoria, graffiti e giochi di astrazione, tutto spazia nelle opere di Taravella nello stesso campo visivo, dove l'unica ancora stabile è il luogo, da sempre luogo di affezione, che sia l'interno di una taverna o l'intreccio di grattaceli, in un percorso di vita e di pittura sempre nuovo e coinvolgente.

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