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Il giallo multietnico di Persson

«Uccidete il drago» è una storia surreale, secondo l'autore «una favola cattiva per bambini adulti». Ed ecco come il commissario Backstrom risolve un caso di omicidio

PALERMO. Sempre in bilico tra spregiudicatezza e volgarità, il commissario Evert Backstrom è «l'eroe» dello scrittore svedese Leif GW Persson. E il protagonista di «Uccidete il drago» (Marsilio, pp. 415, € 18,50), un giallo tanto surreale da essere presentato come «una favola cattiva per bambini adulti» dallo  stesso autore.
E' una «fiaba» decisamente multietnica, quella che Persson imbastisce lavorando in modo ossessivo – talora stucchevole – sulla costruzione dei personaggi, primattori o comparse poco importa. Come falene attratte da un lampione, tutti danzano scompostamente attorno a una serie di omicidi che si apre con il ritrovamento di un cadavere da parte di un addetto alle consegne dei giornali, un ragazzo di origini somale. Backstrom indaga, col suo stile decisamente originale: incapace di «fare squadra» e apprezzare un collega, salvo la poliziotta che gli si presenta in ufficio con bicchierini e bottiglia di supervodka russa,  il detective ha però un «istinto animale» che lo porta a scartare la più sbrigativa e facile delle ricostruzioni –  «il classico caso di un ubriacone che fa fuori un altro ubriacone» – e risalire la corrente fino a una soluzione per nulla scontata.
Altra firma del giallo svedese, Leif Persson non ha la complessità di Henning Mankell o la capacità di scrittura sociologica di Liza Marklund, nè riesce a essere torbido e intrigante come Jens Lapidus o Stieg Larsson. Però, è abile nel concepire una tragica farsa così sgangherata da risultare vera. O, almeno, verosimile. «Uccidete il drago» è una favola del reale da cui nessuno esce bene, neppure i «buoni» che l'autore, comunque, dovrebbe conoscere approfonditamente, essendo docente di Criminologia alla Scuola nazionale di Polizia di Stoccolma.    

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