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L'ex mafioso che si racconta con l'arte

Alla galleria Zelle Arte Contemporanea fino al 16 febbraio 2011 in mostra i quadri del pentito Gaspare Mutolo. L’ennesima provocazione del Laboratorio Saccardi, per cui “tutto è messo in discussione e nulla è vero”

PALERMO. Porta la firma del Laboratorio Saccardi Gaspare Mutolo Solo Show in mostra alla galleria Zelle Arte Contemporanea fino al 16 febbraio 2011.
Si tratta molto più di una semplice personale, per quanto assolutamente atipico sia l’artista, perché è parte del progetto “Sikania Rising”, viaggio attraverso la cultura ancestrale e complessa della Sicilia, progetto che  ruota intorno ad una domanda fondamentale: perché “l’uomo crea e venera simboli (A. Buttitta)?”.
Risposta non facile. Come non facile è la filosofia-non filosofia del gruppo che senza “nessuna strategia” invoca e pratica il sistematico stravolgimento dei linguaggi e delle forme dell’arte, in un gioco simbolico fatto di ammiccamenti e dissacrante ironia.
In questo senso Gaspare Mutolo Solo Show rappresenta un’azione di “scossa sociale”, una risposta forte e immediata alla sicilianità vera e presunta, con annessi e connessi, che racconta il riscatto umano di un ex-mafioso, che attraverso l’arte si racconta e racconta la sua terra. La stessa che Mutolo ha fatto conoscere, con altra valenza, in un passato troppo pesante da cancellare. Eppure se l’arte è catarsi, forse non c’è troppo da discutere. Si scioglie ogni dubbio nell’ennesima provocazione del Laboratorio Saccardi, per cui tutto è messo in discussione e nulla è vero.
Ma cosa li spinge? Il volere liberarsi dall’arte.
Una sorta di spinta spirituale che li porta a mettere insieme ciò ciascuno di loro vede, sente, osserva. L’arte è solo un mezzo per dire qualcosa di utile, per “inserire insieme”, ciascuno per sé, un tassello. Una “sperimentazione mentale senza metrica e senza democrazia, dove tutti siamo opposti pur lavorando alla stessa opera. Il cui unico fine è il ritorno alla sacralizzazione della vita”.
Questa città per loro è una trappola, troppo sporca, troppo provinciale, caotica, dove tutti vivono senza vivere, “fanno solo confusione”. “(…) Mica è New York, Palermo è un paese, qua dicono tutti la stesse cose, fanno tutti le stesse cose, parlano come la televisione. Munnizza e macchine sui marciapiedi. È questa la realtà. La gente ha paura della verità, non la vuole sapere. Ma allora di che ci parli con le persone?”.
Per alcuni, come loro stessi sottolineano, “siamo degli ignoranti” per altri invece i Saccardi sono un talento come pochi. A loro certo non interessa troppo.
Fatto sta che dal 2003, anno in cui il gruppo vince il Genio di Palermo, è un crescendo di consenso critico, di sperimentazione, di ricerca ideale. Non senza qualche ostacolo.
Innanzi tutto a causa del “malo carattere” che sembra contraddistinguere i quattro componenti di questa ”società”. Insieme nelle scelte, nelle linee di coerenza del lavoro, pur nella marcata individualità, senza gerarchie. Una “democrazia del fare”.
Artisti che non credono nella cronologia, se non come fatto biologico. Per cui Caravaggio è più contemporaneo di Damien Hirst: “(…) per mille motivi. Perché era bravo a dipingere e perché voleva dire qualcosa. Caravaggio è Caravaggio. Una forza, un artista e basta.”
Ecco che alla domanda cos’è l’arte contemporanea ti rispondono semplicemente, senza alcun metro di valore: “ l’arte contemporanea è l’arte che si fa adesso”. Punto e basta.
I Saccardi - al secolo Vincezo Profeta (Palermo 1977), Marco Leone Barone (Palermo 1978), Giuseppe Borgia (Palermo 1978), Tothy Folisi (Sant’Agata di Militello, Messina, 1979) – volendo analizzare quasi “romanticamente” la questione, appaiono seguaci della “bellezza” come bene comune, sostenitori di un’arte utile alla collettività. Un’arte semplice che non è tanto per “fare scena”.
Dal futuro non si aspettano nulla e non hanno progetti.
Sembrano paladini di un’utopia, ultima in ordine di tempo, che finché avrà forza, allora, forse, avrà anche un senso.

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