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Palermo, il waterfront visto dagli studenti

Si chiama Festival il workshop appena concluso alla facoltà di Architettura. Protagonisti gli allievi del corso di Design che hanno ridisegnato il Foro Italico

PALERMO. Non solo progettazione come pura architettura ma anche arte, musica, paesaggio, storia, c’è tutto questo dentro a “Festival”, il workshop appena conclusosi a Palermo alla facoltà di Architettura. Protagonisti gli studenti del corso di Design: venti gruppi di lavoro, venti progetti.
Il lavoro è stato articolato in due parti: la prima di ricerca e di studio sulla base di modelli architettonici o esperienze artistiche storicizzati o contemporanei; la seconda di rielaborazione e produzione di idee.
“Festival”, ideato realizzato e condotto da Francesco Librizzi con la collaborazione di Viviana Trapani, Valentina Greco e Diego Emanuele, prende in esame uno dei siti più intensamente suggestivi e al contempo problematici di Palermo: il cosiddetto Foro Italico. Il waterfront, della città diventa nei lavori dei giovani futuri designer sede di alcuni padiglioni temporanei di spettacolo pubblico. Quello stesso waterfront che è stato oggetto di attenzione nel corso della XI Biennale di Architettura del 2006, proprio nella sezione ospitata per l’appunto a Palermo.
Idea vincente quella di riqualificare e restituire alla collettività il lungomare, suggerita da un comitato scientifico di livello internazionale riunito ad hoc che ha proposto di lavorare sullo studio di modelli esperienziale di artisti tra cui Olafur Eliasson, Patrick Tuttofuoco, Arcangelo Sassolino, Ugo Rondinone.
Una matrice colta che ha però costretto gli studenti a confrontarsi con le fonti e con molteplici riferimenti multidisciplinari, fornendo quelle tracce fondamentali, e forse talora insufficientemente presenti nei percorsi accademici.
Il risultato è sorprendente, se si presuppone che i lavori sono solo un’esercitazione e che tutto, dalle idee ai mezzi,  è rigorosamente autoprodotto dai ragazzi.
Sorprendenti i bozzetti degli spazi possibili per l’intrattenimento, mature le proposte architettoniche che propongono forme geometriche complesse, sempre ragionate, la ricerca di materiali insoliti e innovativi, e soprattutto esperienze sensoriali per cui talvolta il contenuto ed il contenitore si fondono in un’unica risposta, modulando uno spazio assolutamente fruibile.
Un lavoro di entusiasmo e di attenzione, sotto una guida fluida e intelligente (capace di stimolare ma anche di liberare la creatività), che merita di essere comunicato attraverso una mostra, aperta alla città, per la città.
Ipotesi non remota, che senza dubbio darebbe maggiore senso alla volontà propositiva con la quale giovani cittadini, giovani creativi in nuce hanno generato suggerimenti per lo spazio urbano nel quale quotidianamente vivono.  
Un’opportunità di “democrazia progettuale”, di sinergia costruttiva che non resta esercitazione sterile, ma che esce fuori dal contesto accademico per tradursi in possibilità concreta di “ri-lettura” del territorio.

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