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Sherlock Holmes al cinema, più Ritchie che Doyle

Due ore di pellicola, che ha già sbancato ai botteghini. Ma somiglia più a un tipico film d’azione di matrice hollywoodiana che alle avventure ideate dallo scrittore

Il personaggio più atteso per queste feste è uscito nelle sale italiane, Sherlock Holmes di Guy Ritchie, più che di Conan Doyle, dal giorno di Natale sta dando il tutto esaurito al botteghino.

Un talento di azione e ironia, interpretato da uno straordinario Robert Downey Junior, purtroppo lontano dall’arguto e freddo investigatore, che pagina dopo pagina ci ha tenuto col fiato in bocca e lasciato sempre senza parole ad ogni caso risolto, proprio come il dottor Watson. Solo poche spennellate dell’autentico Holmes il lettore ha potuto ritrovare nel ritratto sceneggiato del regista, nello stato dicotomico che lo porta da febbrile irrequietezza a languida pigrizia in compagnia del suo violino, così come nell’abilità del travestimento. Le due ore di pellicola trascorrono invece con il ritmo incalzante tipico del film d’azione di matrice hollywoodiana in cui è incastonato un Holmes pugile e acrobata.
Degno compagno dell’eroe un dottor Watson, interpretato da Jude Law, anch’esso abile lottatore spoglio dell’ingenuità di cui lo investe Doyle. Un film godibile, divertente e adrenalinico, ben girato in una ricostruzione magistrale della Londra Vittoriana con una tessitura del comparto sonoro così dettagliata da renderlo “plastico” all’orecchio. La prova attoriale del protagonista è degna di nota. Downey Junior dimostra in modo eccellente le sue istrioniche abilità dando vita ad un Holmes personaggio catalizzante. Law, affascinante ed energica spalla. Rincorse rocambolesche, esplosioni, corpo a corpo, Ritchie ha indubbiamente eseguito alla perfezione la ricetta dell’intrattenimento lasciando un po’ delusi e spaesati gli affezionati lettori di Doyle. Manuela Laiacona

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