Il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di dimensionare la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei servizi energetici (55,1 miliardi). A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia.
Va altresì segnalato che il dato relativo al giro d’affari delle organizzazioni criminali di stampo mafioso richiamato in precedenza è certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.
In Italia sono 150mila le imprese nell’orbita della criminalità organizzata
In virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia - struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la Uif ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Imprenditori nel mirino
Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi. Tra i principali segnaliamo il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket - ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato e altro - è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata.
Boom di denunce per estorsione
In questi ultimi anni l’estorsione è uno dei pochi reati che ha registrato un forte aumento del numero delle denunce. Negli ultimi dieci anni, infatti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’Autorità giudiziaria per estorsione sono aumentati del 66,2 per cento, mentre il complesso di tutti i delitti denunciati sono scesi del 19 per cento, passando da 2,89 milioni del 2013 a 2,34 milioni del 2023. E in particolar modo al Nord, fa sapere la Direzione Investigativa Antimafia, il fenomeno estorsivo si sta diffondendo senza ricorrere più a minacce esplicite e men che meno all’uso della violenza, ma cercando una specie di complicità con le vittime, imponendo, ad esempio, l’assunzione di personale o fornendo altre tipologie di servizi/forniture. Oppure, proponendo alle imprese soluzioni condivise con reciproci vantaggi, come l’attività di fatturazione per operazioni inesistenti, ove le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’Iva che poi deve essere versata all’erario dal committente. Consentendo così a quest’ultimo di onorare l’adempimento fiscale e al contempo di occultare la richiesta estorsiva di denaro.
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