Sea Eye protesta: «Abbiamo dovuto rispondere a un'altra richiesta di soccorso e continueremo a farlo»
Protesta la Ong tedesca Sea Eye, sottoposta ieri al fermo di 20 giorni per non aver rispettato l’ordine di recarsi nel porto assegnato. «È un altro riprovevole tentativo di criminalizzare il salvataggio in mare per giustificare un’azione statale sempre più brutale», afferma. La nave Sea Eye 4 sarà trattenuta per 20 giorni a Ortona, porto abruzzese della provincia di Chieti. Secondo la guardia costiera italiana, il motivo del fermo è che dopo aver soccorso 17 persone nella zona di ricerca e soccorso libica, la nave ha tratto in salvo altre 32 persone nella zona Sar maltese e non si è avvicinata al porto di Ortona non appena possibile. «La Sea Eye 4 ha interrotto il suo avvicinamento a Ortona martedì sera - spiega l’organizzazione - perché c'era una chiamata di soccorso da una barca con più di 400 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese. La barca è stata infine individuata dall’aereo di ricerca civile Seabird. Poiché nessun attore statale ha confermato il coordinamento dell’emergenza marittima e Malta non ha coordinato per molti mesi le emergenze, la missione di salvataggio aggiuntiva per Sea Eye era senza alternative». Durante la ricerca delle 400 persone, la Sea Eye 4 ha ricevuto una chiamata di soccorso da una barca a vela, che aveva individuato 32 persone su una barca in pericolo e che sono state raggiunte e messe in sicurezza. Nella notte di mercoledì, la Sea Eye 4 ha continuato a cercare le 400 persone, che hanno raggiunto la zona di ricerca e soccorso italiana con le proprie forze. Sono stati soccorsi dalla guardia costiera poco prima di raggiungere la Sicilia. «È sbagliato quindi che la guardia costiera italiana affermi che una motovedetta era già in viaggio. Le persone dovevano prima raggiungere la zona di ricerca e soccorso italiana con le proprie forze per ricevere aiuto lì», afferma Gorden Isler, presidente di Sea Eye, per il quale i lunghi viaggi verso porti assegnati e lontani «significheranno sempre che dovremo decidere durante il viaggio se rispondere a più chiamate di soccorso in arrivo. Certo che lo faremo, anche se questo poi porterà ad accuse di violazione delle leggi italiane».