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Ruby torna in aula dopo 10 anni: «Ho vissuto un incubo»

Karima El Mahroug soprannominata Ruby Rubacuori, in aula per le arringhe difensive del processo Ruby Ter, a Milano (foto Mourad Balti/Ansa)

Niente show stavolta, profilo basso, per quanto possibile data la presenza di telecamere e fotografi, sperando di riprendersi «la mia vita» e uscire «dall’incubo». Quasi 10 anni dopo Karima El Mahroug si è ripresentata in aula, per il filone «ter» di quel caso senza fine nato quando finì in Questura la famosa notte del 27-28 maggio 2010.

Senza sceneggiate come quella del 2013, quando sulla scalinata del Palazzo di Giustizia di Milano attaccò tutti, pm e stampa, per difendere se stessa e Silvio Berlusconi. Stamani il contesto era diverso, una grigia aula bunker alla periferia sud della città, e lei, jeans, maglione e trench, è arrivata a sorpresa per ascoltare i suoi avvocati, Jacopo Pensa e Paola Boccardi, che hanno tentato di demolire le accuse di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari. Imputazioni che, nel processo con altri 28 imputati, ex premier compreso, potrebbero costarle 5 anni di carcere e una confisca da 5 milioni di euro, stando alle richieste dell’aggiunto Tiziana Siciliano e del pm Luca Gaglio.

«L'augurio che mi faccio è che questa vicenda sia chiusa il prima possibile, perché è stato un grande incubo, e di riavere indietro la mia vita e di poterla vivere serenamente», ha detto ai cronisti la giovane, che tra poco compirà 30 anni e che ha voluto esserci anche per mostrare che Karima non è più «Ruby Rubacuori», come si faceva chiamare ai tempi delle serate di Arcore.

«Per me è stata una giornata veramente emozionante - ha spiegato al termine dell’arringa - è la prima volta che mi sento difesa, non mi sono mai sentita davvero difesa, neanche quando ero una vittima». Consapevole, comunque, di dover convivere con quel «un marchio, una Lettera Scarlatta», come l'hanno definito i difensori, e con la «paura di essere strumentalizzata». E senza alcuna voglia di rispondere a domande sul Cavaliere: «È stato detto fin troppo».

Gli avvocati, davanti al collegio della settima sezione penale, sono partiti proprio dal tempo che scorre e cambia le persone: «Sono passati 12 anni da quando, nell’ottobre 2010, è emerso lo scandalo sui giornali e le persone processate non sono più quelle di allora». Oggi, ha spiegato Boccardi, «processiamo Karima che è una donna profondamente diversa da quella descritta nel procedimento, da quella ragazzina che entrava e scappava da sedici comunità per minori». Si inventò «un personaggio e da questo avatar non si è mai più distaccata», perché si porta dietro, ha aggiunto il legale, «un marchio inciso sulla pelle, indelebile, di prostituta minorenne».

Poi, le contestazioni una ad una sulle prove per dimostrare che la marocchina non mentì per coprire il leader di Forza Italia. «Non ha mai modificato le sue dichiarazioni - ha chiarito la difesa -, Karima ha sempre detto che non ha mai compiuto atti sessuali con Berlusconi». Anche sui presunti 5 milioni che avrebbe incassato come compenso per il silenzio, secondo la difesa, non c'è alcuna prova, «nemmeno nelle rogatorie all’estero». E pure «se fosse vero» che Karima ha ricevuto «4,5 milioni», come scriveva in un appunto, «avrebbe preso quei soldi - ha detto Boccardi - quando non era nemmeno pubblico ufficiale», ossia teste, e dunque non ci sarebbe comunque la corruzione.

La Procura all’epoca non le ha creduto, ma non l’ha indagata anche se riteneva che dicesse il falso e non l’ha «protetta», ma l’ha usata come «esca». E nel Ruby ter, ha concluso Pensa, si parla del «nulla», perché è un processo scaturito da «domande intime, inopportune» e dalla pura «curiosità» dei giudici del Ruby bis. Oggi hanno chiesto le assoluzioni anche i legali di Marysthell Polanco (i soldi di Berlusconi come «le mance del nonno») e di Luca Risso, ex compagno di Karima. Il 17 ottobre parola alla difesa dell’ex premier.

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